CORSI E RICORSI. Uno sguardo al territorio a partire dai crinali.

Vista della costa tirrenica dall’altopiano dell’Argimusco, Immagine di Davide Mauro, CC BY-SA 4.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0, attraverso Wikimedia Commons

Il territorio secondo la definizione che ne da Giancarlo Cataldi nel suo “Per una scienza del Territorio” (1977), è il massimo patrimonio totale compiuto della civiltà: è tutto ciò che l’uomo ha prodotto in concreto, modificando la natura, corrispettivo biunivoco del rapporto esistenziale.[1]

Il suo processo di strutturazione, nel corso dei secoli, vede l’avvicendarsi di fenomeni diversi. A momenti fondativi, si alternano progressivi o improvvisi spopolamenti, rifondazioni o ripopolamenti di nuclei esistenti. Ne è un esempio il sito di Gioiosa Guardia, localizzato su un promontorio del versante tirrenico dei Nebrodi, dove sono state scoperte recentemente testimonianze di un insediamento attivo fino al IV sec. a.C., in prossimità di ciò che resta del nucleo urbano fondato nella metà del XIV secolo, poi progressivamente spopolato e definitivamente abbandonato agli inizi del XIX secolo.

A interpretare e mettere a sistema tali fenomeni, di cui ci restano una serie di tracce sparse sul territorio, ci viene in aiuto il modello di lettura sviluppatosi nel solco dell’opera di Saverio Muratori, il quale ne mette in evidenza il carattere ciclico, con uno sviluppo per fasi.

Nel tentativo di “tipizzare” il processo di strutturazione del territorio, seppur ammettendo la difficoltà di datare con precisione le sue fasi iniziali, Giancarlo Cataldi, riferendosi a un “campione dell’Italia Immaginaria”, ipotizza un primo periodo, in cui un ruolo prioritario è svolto dai tracciati di crinale; essi infatti presentano alcuni vantaggi, tra cui la facilità di orientamento, il maggiore controllo dell’ambiente in cui ci si muove e il loro essere “asciutti”; ne consegue il loro impiego con precedenza rispetto ad altre percorrenze e la costituzione di una rete di collegamenti che Cataldi arriva a definire “la più antica struttura territoriale dello spazio antropico”.

L’ossatura definita a partire dai crinali, e dagli insediamenti di promontorio risulta leggibile ancora oggi e se facciamo riferimento al concetto di “vocazione territoriale”, secondo cui le attività umane tendono ad assecondare le predisposizioni naturali, non stupisce la persistenza dell’azione umana per millenni lungo tali tracciati, come testimoniato dai ritrovamenti nelle loro vicinanze, appartenenti ad epoche tanto diverse.

Se torniamo al caso già citato di Gioiosa Guardia, e andiamo ricerca di analogie e per comprenderne l’evoluzione insediativa, con la lente del modello descritto, il primo passo è la lettura del dato oro-geografico, che ci induce a definire una vasta area compresa nel quadrante nord orientale della Sicilia, costituita dalle catene dei Nebrodi e Peloritani, con l’Etna come orizzonte meridionale.

Crinali principali (in giallo) e secondari (in magenta) delle catene montuose dei Nebrodi e dei Peloritani.

Le tracce rinvenute in quest’area, ci permettono di ipotizzare che all’arrivo dei coloni greci, essi trovarono tale territorio già in parte strutturato, dal popolo dei Siculi, secondo il modello prima descritto.

Alla luce delle conoscenze attuali, è plausibile pensare che le aree immediatamente a ridosso delle testate dei crinali siano state lo scenario dell’incontro-scontro tra “popoli indigeni” e colonizzatori, e delle loro relazioni.

E’ nella nascita e sviluppo di queste relazioni che risiede forse l’importante momento fondativo di questa fascia sub costiera di nuclei, che in gran parte vedono la loro origine quali insediamenti siculi successivamente “ellenizzati”, secondo modi e dimensioni assai varie e complesse.

Insediamenti in corrispondenza delle testate di crinale, di epoca ellenica.

Delle vicende che hanno segnato ciascuno di questi centri nei secoli di instabilità, tra caduta dell’Impero Romano e il basso medioevo, abbiamo notizie frammentarie, ma possiamo ipotizzare, in analogia a quanto avviene nel resto del territorio dell’ex Impero Romano, un progressivo spopolamento dei centri costieri e di vallata, maggiormente esposti agli attacchi provenienti dal mare, in favore di nuclei localizzati più a monte in posizioni maggiormente protette.

Con l’arrivo dei Normanni, dalla seconda metà del XI sec. assistiamo, lungo gli stessi crinali, ad un altro importante momento fondativo. Essi infatti attuano un insieme sistematico di opere che interessa l’intera area in esame, intervenendo sia su abitati già esistenti, sia con nuove fondazioni.[2]

L’intento era doppio, da un lato rimettere in produzione un territorio spopolato e privo di punti di riferimento antropici, i cui insediamenti esistenti contano poche decine di abitanti dall’altro “latinizzarlo”, attraverso la promessa a emigranti provenienti da varie parti d’Italia, purché di lingua latina, della possibilità di trasmettere in eredità i terreni.

Nell’area in esame, diversi nuclei della fascia sub costiera, in particolare Caronia, San Fratello, San Marco D’Alunzio e Forza d’Agrò, presentano caratteri comuni, nel quadro delle trasformazioni descritte. In particolare una fondazione di epoca normanna, su promontori in corrispondenza delle testate di crinale, in prossimità dei siti attivi in epoca greca.

Siti di epoca arabo-normanna e corrispettivi insediamenti ellenici.
Vista aerea di Caronia, in alto il castello di epoca normanna
Vista di San Fratello dalla collina di Monte Vecchio, Davide Mauro, CC BY-SA 4.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0, via Wikimedia Commons

Attualmente l’eco di queste trasformazioni, e del legame tra nuclei odierni e insediamenti più antichi, permane sotto forma di riti e processioni, come nel caso di San Fratello, dove ogni anno si svolge il rito della cavalcata che percorre il crinale dall’attuale centro abitato al Santuario dei Tre Santi Fratelli in località “Monte Vecchio” dove si pensa sorgesse l’originaria Apollonia.

Le analogie con i centri urbani citati inseriscono Gioiosa Guardia in un ampio sistema territoriale, a tal proposito si ricorda, come riportato dal viaggiatore Carl Grass, che fino all’800 la cosiddetta “strada dei joiosani” percorsa dai bordonari con i loro asini, seguiva il crinale da Gioiosa Guardia fino alla valle dell’Etna, superando lo spartiacque dei Nebrodi.

Ciononostante resta aperto il quesito sul perché, di essa non restano che flebili tracce.

Come queste tracce possono essere lette e tradotte per diventare opportunità in un’ottica progettuale, fino a una possibile riattivazione con modalità inedite delle connessioni territoriali ancora leggibili è la sfida che ci si presenta davanti. 

di Davide Motta, Lorenzo Mastroianni con la collaborazione di Michele Fasolo | nITro


[1] G. Cataldi, Per una scienza del territorio: studi e note, Firenze, UNIEDIT, 1977 .

[2] Per un approfondimento sulle trasformazioni messe in atto in epoca normanna si veda: Aldo Casamento e Enrico Guidoni (a cura di), Le città Medievali dell’Italia meridionale e insulare.
Atti del convegno “L’urbanistica delle città medievali italiane. Italia meridionale e insulare”
, tenuto a
Palermo 28-29 Nov. 2002

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