Strategie per le aree interne: dalla SNAI italiana ai “100+ Villaggi” albanesi

Theth nel nord dell’Albania – Photo: Valerio Perna

L’abbandono e lo spopolamento dei centri collinari e montani in Italia rappresenta una problematica diffusa che affligge molte piccoli e medi centri ricadenti nelle cosidette “aree interne” nella dicitura vigente in italia. Negli ultimi decenni, molte persone hanno abbandonato questi centri per trasferirsi nelle città o in aree più sviluppate di norma costiere. La diminuzione della popolazione e la vera e propria progressiva desertificazione di interi territori ne è stato il risultato. Secondo i dati e le previsioni dell’Istat circa l’86% dei comuni rurali italiani (quasi 9 su 10) è a rischio abbandono. L’Istituto, infatti, stima che nel 2031 le zone agricole e rurali del Paese ospiteranno solo 9,5 milioni di abitanti: mezzo milione in meno a rispetto a quelli registrati nel 2021 (fig. 1).

Ci sono diversi fattori che contribuiscono a questa tendenza. Uno dei principali è l’opportunità di lavoro limitata nelle aree rurali, specialmente per i giovani. Molte delle attività tradizionali, come l’agricoltura e l’allevamento, richiedono un impegno e una fatica considerevoli, e non offrono sufficienti opportunità di guadagno, di crescita professionale e sociale.

Mappa delle aree interne nella penisola italiana – fonte: ISTAT 2018

Inoltre, l’accesso ai servizi di base, come l’istruzione, la sanità e i trasporti, può essere limitato nelle zone collinari e montane, cosi da rendere più difficile la vita quotidiana. La mancanza di infrastrutture adeguate, come strade e reti di comunicazione, può isolare ulteriormente queste comunità e rendere difficile l’accesso a beni e servizi essenziali.

Un altro fattore di grande criticità è la migrazione verso le città in cerca di una migliore qualità della vita e di maggiori opportunità economiche. Le aree urbane offrono un accesso più immediato a lavoro, servizi, istruzione superiore e infrastrutture.

L’abbandono e lo spopolamento dei centri collinari e montani hanno conseguenze negative sull’economia locale, sull’ambiente e sulla conservazione del patrimonio culturale.

Per contrastare questa tendenza, sono state avviate diverse iniziative a livello governativo e comunitario. Queste includono incentivi per attirare nuovi residenti, promozione del turismo sostenibile, sostegno all’agricoltura e all’artigianato locale, miglioramento delle infrastrutture e servizi nelle zone rurali, nonché programmi di riqualificazione e valorizzazione del patrimonio culturale. Tra le molteplici, purtroppo ancora non completamente implementate, vale la pena di ricordare la La strategia nazionale per le aree interne (SNAI), una complessa agenda di strategie e obiettivi promossa dall’allora Ministro per la coesione territoriale Fabrizio Barca che mirava alla riattivazione delle aree e municipalità remote del Paese. Un progetto per un’area interna vale la pena di ricordare è quello dell’architetto Enza Iadarola ” “AgritechFarm Aree interne del Sannio e Rilancio produttivo Centro per lo sviluppo dell’agricoltura biologica e delle innovazioni tecnologiche”, il quale collegava il naturale rilancio economico-culturale ad uno infrastrutturale, attraverso appunto sistemi infrastutturali di nuova generazone adatti alle particolarità del territorio e alle esigenze produttive, culturali e turistiche a un tempo. (link)

Il progetto della infrastruttura “Green Factories Land Line” (link google map) parte della Tesi di Laurea a Sapienza di Enza Iadarola, per il rilancio di un’area interna del Sannio. Antonino Saggio Relatore.

Anche in dei comuni interni si promuovono progetti per mobilitare risorse. È il caso del comune di Morcone che ha bandito un concorso [1] per la mobilità sostenibile e la valorizzazione più in generale del centro storico e dell’intero territorio comunale. Tra i progetti c’è “TERRA D’ACQUA. Mobilità sostenibile nel territorio di Morcone e nella valle del Tammaro”, vincitore del secondo premio e che propone la creazione di una rete di percorsi didattico-educativi ed escursionistici per lo sviluppo di una mobilità sostenibile e innovativa in relazione alle attività della popolazione residente e alla la promozione di un turismo responsabile.

TERRE D’ACQUA. Mobilità sostenibile nel territorio di Morcone e nella valle del Tammaro.
GRUPPO DI PROGETTAZIONE – RTP COSTITUENDO: Arch. Gaetano De Francesco (CAPOGRUPPO); Arch. Giulia Capozi, Ing. Michele Nardone;
CONSULENTI: ARCH. PROF. Antonino Saggio, Arch. Michela Falcone.
COLLABORATORI: Arch. Ludovica Migliaccio

In questo contesto, il documento SNAI oltre a fornire opportuni strumenti per la comprensione e classificazione delle aree interne (considerando la quantità e accessibilità dei servizi ad esse dedicati; la presenza di stazioni ferroviarie limitrofe e il soddisfacimento dell’offerta scolastica secondaria) prevede l’attuazione di due livelli di intervento: in primo luogo, il rafforzamento dei servizi pubblici essenziali, le cosiddette precondizioni di sviluppo, atte a garantire la crescita economica delle suddette aree e considerate diritti fondamentali dei cittadini. In secondo luogo, la promozione di progetti di sviluppo locale che possano essere volani per l’attrazione di nuovi capitali verso questi territori dimenticati. Quello che però manca nelle linee guida, e non caso il progetto non è mai decollato, è una riflessione basata sulla convinzione che senza infrastruttura non c’è sviluppo, per poi comprendere che tipo di infrastruttura sia necessaria affinché ciò avvenga.

L’obiettivo dello Snai è quindi quello di creare nuove opportunità di lavoro e migliorare la qualità della vita nelle comunità interne, preservando nel contempo la grande riccheza di valori e di risorse. Tuttavia, affrontare completamente questa problematica richiede un impegno a lungo termine e una combinazione di politiche e risorse a vari livelli.

L’accordo di partenariato 2014-2020 ha previsto l’individuazione di 72 aree pilota (fig. 2) in cui sperimentare la strategia attraverso l’attivazione di fondi pubblici, europei e da partenariati pubblico-privati e l’attivazione sinergica di interventi e risorse finanziarie di differenti Fondi SIE (Fondi Strutturali di Investimento Europei) e fondi nazionali, regionali e privati per un totale di 1.179 milioni di euro (fig. 3). Di questi fondi, il 44% è dedicato ai progetti sui servizi concepiti secondo modelli di delivery adeguati rispetto alle esigenze di aree a domanda debole, mentre il 56% agli interventi per lo sviluppo locale e al cui interno ricadono progetti e azioni relativi alle filiere agricole e al tema natura, cultura e turismo.

Mappa delle aree pilota della SNAI – fonte: ISTAT 2018

Dopo i primi otto anni di attuazione della SNAI il nostro paese ha mostrato un forte interesse nel dare continuità all’approccio sperimentato con la Strategia Nazionale aree interne, anche nel quadro di una cornice comunitaria (2012-2027) per le politiche di coesione che prevede che le scelte di programmazione e di investimento degli Stati Membri vengano declinate secondo cinque Obiettivi di Policy (OP) individuati a livello comunitario. Questo individua una nuova serie di criticità da dover affrontare tra cui – come si diceva la necessità di garantire – “comunicazioni”, fondi e interoperabilità in una cornice di riferimento completamente mutata che si rifà non solo a una legislazione nazionale e locale, ma a una comunitaria da tenere in fondamentale considerazione anche in relazione al Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR), il documento stipulato dal governo per l’accesso ai finanziamenti del Next Generation EU in grado di garantire future e maggiori implementazioni della strategia SNAI.

Dopo quasi un decennio di lavoro, la strategia nazionale per le aree interne ha dato finalmente qualche incoraggiante segnale di una mitigazione degli effetti dovuti all’abbandono delle aree rurali e di un loro rilancio in un’ottica non solo economica ma soprattutto civile, sociale e cultura. Nel 2020 il valore complessivo delle strategie approvate sulle 71 aree è stata pari a 1 142 miliardi di Euro divisi in 261 milioni di risorse statali e i feedback arrivati da Bruxelles hanno mostrato una grande soddisfazione e fiducia per il prosieguo dell’esperienza come esempio virtuoso all’interno della UE dove naturalmente il problema è diffuso. La vera sfida adesso, è il suo adeguamento ai piani di sviluppo comunitari, una maggior omogeneità a livello regionale per l’integrazione dei Fondi europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr) e un maggiore allineamento tra le richieste dei territori e le capacità del programma di dare adeguate risposte.

I 100+ Villaggi. Un progetto albanese per il rilancio territoriale

L’Italia e l’Unione Europea non sono le uniche realtà interessate a dei piani concreti di rilancio e sviluppo dei loro territori interni. Anche altre realtà, come l’Albania, territorio con criticità ancora più evidenti rispetto alle realtà europee, si interroga su quale possa essere la corretta strategia per il rilancio in un’ottica sostenibile dove il progetto di architettura possa essere volano di dinamiche sociali, culturali ed economiche.

Chi scrive, ha preso parte (come membro di uno dei team afferenti alla POLIS University di Tirana [2]) nel 2018-2019 al progetto Akademia 100+ Fshatrat (Accademia 100+ Villaggi), un’iniziativa di Spatial planning del governo albanese, avviata dall’ufficio del primo ministro e attuato dall’Agenzia nazionale per la pianificazione territoriale (AKPT), in stretta collaborazione con il Ministero dell’agricoltura e dello sviluppo rurale (MADR), il Ministero del turismo e dell’ambiente (MTM), il Ministero della Cultura (MK), il Ministero delle Infrastrutture e dell’Energia (MIE), l’Agenzia per lo Sviluppo Fondo per lo sviluppo agricolo e rurale (ADDF) e Fondo per lo sviluppo albanese (DFDF). Questa iniziativa nasce in attuazione di Il Programma Nazionale di Sviluppo Rurale “100 Borghi” con l’obiettivo principale di progettare i modelli sviluppo per ciascuno di essi, in base al potenziale turistico. 22 gruppi di villaggi sono stati studiati da altrettanti gruppi di lavorolche si sono occupati della progettazione dei modelli di sviluppo più consono a ciascuno. Ognuno dei 22 team di lavoro ha previsto nella sua composizione: cinque studenti, un capogruppo con lo status di docente, un assistente di gruppo e un grafico (part-time). Le squadre sono stato supportate anche da studenti della Facoltà di Economia/UT e studenti di Università di Agraria di Tirana durante il lavoro sul campo e a Tirana. La strategia ha previsto non solo la progettazione su scala territoriale, ma anche l’individuazione di abitazioni e edifici con pregio architettonico, abitazioni abbandonate con potenzialità trasformazione, elementi di spazi condivisi da poter trasformare in spazi della comunità attraenti per i visitatori, edifici abbandonati con potenzialità per divenire un hub di sviluppo, percorsi storici nella natura in grado di collegare punti di interesse per il turista, la possibilità di creare itinerari turistici giornalieri, e di identificare aspetti di valore per te sviluppato nell’ambito del turismo rurale. La fase di lavoro ha richiesto un metodo ibrido basato su tre momenti fondamentali e differenti strumenti di lavoro: una serie di interviste sul campo con gli abitanti e i loro rappresentati basate su questionari forniti come base dal governo e dai suoi rappresentati; delle missioni alla ricerca degli oggetti di valore architettonico presenti sul territorio e sul confine con il Montenegro. Il progetto (fig. 3-4) è stato un lavoro di progettazione caratterizzato da una forte connessione tra mondo universitario e politico terminato a Tirana con una presentazione di fronte al Primo Ministro Edi Rama tra il dicembre 2018 e il gennaio 2019.

Ad oggi, nonostante una serie di pubblicazioni sul tema prodotte dall’AKPT e una serie di norme estrapolate dal progetto per l’organizzazione di altre esperienze virtuose come questa, solamente pochi degli interventi previsti sono stati realizzati e molte delle aree studiate soffrono ancora delle medesime problematiche ancor più esacerbate da una forte crisi economica che ha colpito l’area balcanica post-Covid 19. L’Albania, si sa, è un paese ‘povero’ per gli standard europei, con uno dei GDP più bassi dell’intera area mediterranea, e non si può pensare che le conclusioni del progetto Accademia 100+ Villaggi trovino una loro implementazione sistemica dall’oggi al domani. Tuttavia, l’esperienza ha dimostrato la virtuosità di un progetto di previsione di sviluppo territoriale che non è fondato solo su dinamiche top-down e su strette direttive governative, ma può giovare anche da movimenti opposti, bottom-up, tramite la collaborazione sinergica con l’università e esperti del settore in grado di esplorare e guardare a tali aree con uno sguardo differente e con la consapevolezza che il progetto di architettura può non solo arrivare in quelle aree ma farsi anche portatore di istanze ed energie scomparse o sepolte a causa del loro progressivo abbandono.

di Valerio Perna | nITro

Note

[1] Il concorso è stato bandito nel 2022 con il titolo:

Procedura aperta telematica per concorso di progettazione in due gradi ai sensi dell’articolo 6-quater, comma 10, del decreto legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito in legge 3 agosto 2017 n. 123, inserito dall’articolo 12, del decreto legge 10 settembre 2021 n.121, convertito in legge 9 novembre 2021 n. 156MOBILITÀ SOSTENIBILE ED INNOVATIVA DEL CENTRO URBANO DI MORCONE ED AREE LIMITROFE

[2]  Il team LOT 2: Dr. Saimir Kristo, Dr. Valerio Perna – studenti: Rebeka Cenolli, Melissa Dervishi, Kostandinos Pirko, Avrili Meshi, Florentina Huseini, Erli Muçollari, Tea Muraj, Sara Dulaj

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