Sguardi e voci da un paese che non c’è più. Esplorazioni tecnologiche per la percezione dell’antico

Vista dei ruderi di Gioiosa Guardia. In alto a destra i resti della torre.

Invocata in maniera fideistica dai sostenitori ciechi della cosiddetta “valorizzazione” del patrimonio culturale come soluzione ai deficit, cospicui e colpevoli, di tutela e di comunicazione, l’archeologia virtuale non può essere praticata come una tecnica di Computer Graphic o una mera questione di design, finalizzate entrambe, grazie all’utilizzo di strumentazioni e software a volte costosissimi, alla ricostruzione ideale di siti, edifici e manufatti distrutti più o meno completamente dallo scorrere del tempo e/o dall’azione degli uomini. Crediamo che al suo iter debba sempre presiedere, una ricerca conoscitiva, un’analisi e uno studio sistematico che abbia oggetto il bene da restituire e da comunicare. Ovvero un processo scientifico che concorra a più inseparabili ambiti progettuali tra cui quelli della valorizzazione e della comunicazione. Uno studio che non può subire scorciatoie o semplificazioni da scenario games. E oggi necessaria molta più scienza di quella che si vede in giro, per dare robusta consistenza alle ricostruzioni, farne uno strumento di ausilio conoscitivo ulteriore, e sono indispensabili ancora molti più apporti, provenienti da altre discipline, e meno affidamento dogmatico, in mancanza di solide basi metodologiche e teoriche da parte di chi in quest’ambito opera, agli automatismi illusori – e a questo punto fragili – della tecnologia. E questo soprattutto se il fine non è la fruizione immediata, per così dire leggera, spettacolarizzata da parte del vasto pubblico, ma il più impegnativo ambito disciplinare, affine all’archeologia virtuale, del restauro virtuale, specialmente quello del restauro virtuale architettonico. Imponiamoci di non dimenticare poi che l’universo digitale e sintetico non potrà mai essere totalmente simile all’ originale che vuole replicare: ne sarà sempre una modellazione approssimativa e la sua esplorazione sensoriale rimarrà lontana dall’esperienza umana della complessità dimensionale del reale. Forse il virtuale, per quanto pervasivo, non ha ancora assorbito, questa è una buona notizia, il reale come invece paventava pessimisticamente Jean Baudrillard nei suoi ultimi anni o perlomeno non lo ha ancora fatto per i quattro quinti dell’umanità, quella tagliata fuori dall’infosfera.

In ogni caso il problema che dobbiamo affrontare ogni qualvolta ci poniamo dinanzi all’antico rimane quello, impegnativo, di renderne possibile la percezione in ogni sua proiezione storica e simbolica.

Tutto ciò premesso, con cultura del limite, esploriamo, nel caso dei ruderi di Gioiosa Guardia, un insieme di scarse tracce emergenti dal terreno per realizzare un tour virtuale in un approccio tecnologico che potrebbe apparire forse “primitivo” e “rudimentale” in un primo momento. Potranno tuttavia seguire pur sempre operazioni ed elaborazioni più sofisticate e avanzate nell’area della rappresentazione. Di primo acchito certamente quello che però qui si propone non è un tentativo di ricostruzione integrale, da imporre in modo didascalico e “totalitario”, con tutto il rispetto che nutriamo per un disegnatore come Francesco Corni autore di una ricostruzione a china di Gioiosa Guardia pubblicata in un numero di “Bell’Italia” degli anni ’90 del secolo scorso.  La distanza con l’antico deve, a nostro giudizio, rimanere, Gioiosa Guardia è perduta, la distanza, che certamente non è solamente quella grafica, è ormai impossibile da colmare in modo credibile.

La proposta si pone piuttosto l’obiettivo di suscitare emozioni, stimolare immaginazioni che ciascuno potrà autonomamente dilatare nella propria mente, specialmente per quanto riguarda gli aspetti immateriali, costruendo una autonoma esperienza guidata dalle proprie sensibilità e dai propri bisogni conoscitivi. Coinvolgere sì ma la mediazione delle tecnologie innovative dell’informazione e della comunicazione è tenuta a freno.

L’immersività che c’è è soft, mai invasiva.

Resti del nucleo di Gioiosa Guardia. Sullo sfondo il golfo di Patti e Capo Tindari.

La tecnica utilizzata per realizzare il tour virtuale di Gioiosa Guardia è quella delle immagini a 360 gradi, conosciute anche come immagini panoramiche o immersive. Si tratta di immagini che catturano, grazie a una fotocamera speciale, ruotante attorno a un punto centrale, che riprende in rapida successione, una vista completa a 360 gradi di un determinato scenario (orizzontalmente e spesso anche verticalmente). Le immagini vengono poi assemblate, utilizzando software dedicati, per permettere al fruitore di esplorarle virtualmente su più device (computer, smartphone, tablet …) utilizzando il movimento del mouse o del dito in tutte le direzioni, come se fosse presente fisicamente nel luogo in cui è stata ripresa la serie di immagini. Inoltre, mediante l’utilizzo di dispositivi di realtà virtuale VR, è possibile ottenere un’esperienza ancora più immersiva, in cui il movimento della testa determina la visualizzazione della scena.

Gli automatismi non devono ingannare sulla apparente semplicità degli effetti e dei prodotti forniti da questa tecnica. In realtà il retroterra teorico, le tecniche e gli algoritmi utilizzati sono nel complesso molto sofisticati e gli stessi della fotogrammetria sferica, una delle più recenti evoluzioni della fotogrammetria in particolare di quella architettonica. Grazie all’uso di tecniche digitali come il ricampionamento, il miglioramento delle immagini, la correlazione delle immagini e il riconoscimento automatico dei punti comuni, così come lo stitching per unire immagini parziali, è possibile creare i cosiddetti “mosaici di scene”.

Questi mosaici rappresentano una copertura dell’intero orizzonte da un punto di vista singolo, e utilizzano immagini parzialmente sovrapposte. Le immagini parziali vengono sovrapposte e allineate in modo da ottenere una transizione fluida tra di esse, un’immagine continua e senza soluzione di continuità.

Rete di orientamento di cinque panoramiche. Immagine di Gabriele Fangi.

Successivamente, il mosaico delle immagini viene proiettato su una sfera virtuale con un raggio in genere corrispondente alla lunghezza focale della fotocamera. Questa sfera virtuale viene quindi mappata su un piano cartografico utilizzando la proiezione equirettangolare, che è una particolare, antichissima rappresentazione né conforme né equivalente. Tramite questa rappresentazione è possibile tracciare le direzioni angolari per creare il cosiddetto panorama sferico. Per ottenere ciò, vengono utilizzate equazioni che collegano gli angoli di direzione delle immagini alle coordinate dell’immagine stessa. Questo processo consente di registrare le direzioni nel punto ridotte a un valore pari al raggio della sfera. Tuttavia, è importante notare che l’asse verticale della sfera virtuale non può essere posizionato con la stessa precisione di un teodolite. Pertanto, è necessario stimare due angoli di rotazione attorno agli assi orizzontali x e y per correggere le imperfezioni.

La fotogrammetria sferica non si limita però alla visualizzazione e navigazione virtuale e interattiva di panorami sferici. Da questa è possibile arrivare come insegna Gabriele Fangi e dimostra l’ampio background di ricerca sull’argomento di questo compianto studioso (G. Fangi, “La fotogrammetria sferica una nuova tecnica per il rilievo dei vicini” in Archeomatica I n. 2, 2010, pp. 6-10) a complesse soluzioni di simulazione e ricostruzione virtuale, grazie all’integrazione con la fotogrammetria sferica multi-immagine di diverse tecniche come la Structure from Motion (utile per la modellazione di superfici complesse) e la modellazione basata su immagini. Queste tecniche consentono la ricostruzione di modelli 3D con texture fotorealistiche e ad alta risoluzione, in particolare per il rilievo metrico architettonico, ottenendo un’elevata accuratezza metrica e prestazioni foto realistiche. È in particolare possibile interagire contemporaneamente con un panorama sferico orientato ad alta risoluzione e un modello 3D ricostruito.

La proiezione equirettangolare. Immagine di Gabriele Fangi.

Per realizzare la fotogrammetria sferica, non è necessario prendere misure dirette sul posto. Le misurazioni vengono effettuate attraverso l’analisi delle immagini e l’applicazione di algoritmi di calcolo per determinare dimensioni e distanze degli oggetti nell’ambiente ricostruito. In particolare, grazie alla riformulazione del modello prospettico da coordinate cartesiane a coordinate sferiche, si possono estrarre informazioni metriche da due o più panorami equirettangolari. Ciò viene ottenuto tramite operazioni di orientamento e l’utilizzo di specifiche equazioni di collinearità. È però necessario avere diversi punti corrispondenti tra le diverse immagini. Una volta definito l’orientamento interno delle prospettive fotografiche, il software procede quindi alla ricostruzione tridimensionale della scena utilizzando criteri noti come intersection e resection.

Ove le particolari circostanze lo richiedano, possono essere tuttavia necessarie misurazioni dirette per caratterizzare specifici contesti (come ad esempio la verticalità delle pareti) effettuando un apposito e opportuno rilievo diretto.

Gioiosa Guardia. In primo piano i resti del complesso benedettino, e gli scavi che hanno portato alla luce l’insediamento di epoca ellenica; sullo sfondo Patti e Tindari.

I vantaggi della fotogrammetria sferica sono diversi ed evidenti: acquisizione rapida ed economica, alta risoluzione, possibilità di eseguire misurazioni molto semplici tra punti, campo visivo “totale”, fino a 360°, bassissimi valori di distorsione e di aberrazione cromatica. Tutto ciò è reso possibile utilizzando una semplice strumentazione composta da una fotocamera, un comune computer e un misuratore laser. Un ulteriore vantaggio è la possibilità, dopo l’orientamento panoramico, di utilizzare i parametri di orientamento calcolati per posizionare i panorami stessi nello spazio 3D in modo che possano essere collegati tra loro e resi navigabili. Durante la fase di modellazione, il panorama orientato può essere utilizzato come texture ad alta risoluzione da proiettare sul modello 3D stesso.

Tuttavia, è importante considerare che il processo richiede competenze specialistiche e una buona comprensione delle tecniche coinvolte per ottenere risultati accurati e affidabili.

Tornando al caso studio di Gioiosa Guardia sono state utilizzate due tipi di fotocamere;

•           Fotocamera del drone Dji Mavic Air 2 in modalità fotografica sferica

•           Fotocamera fissa a terra Insta 360 con sensore da 1”

Dopo aver acquisito le immagini nei punti di interesse, le stesse sono state post-prodotte con tecnica di fusione HDR, che sfrutta 3 scatti identici della stessa scena ma con esposizioni diverse, per avere una luce diffusa anche in aree in ombra.

Determinate le informazioni testuali (descrizioni, didascalie, informazioni storiche verificate sotto il profilo scientifico o audio guide) e i suoni (racconti evocativi in dialetto siciliano di anziani dei luoghi su usi e leggende locali da includere nel tour virtuale) sono state scelte le posizioni più opportune nella schermata ove inserirli.

Il virtual tour finale di Gioiosa Guardia si esegue tramite una piattaforma dedicata online (Kuula).

Michele Fasolo e Alessio Magazzù | Guest-writers

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