LA GUARDIA DI GIOIOSA. LA BREVE STORIA DI GIOIOSA GUARDIA

La situazione dei centri abbandonati in Italia è drammatica. Il fenomeno si estende in tutto il paese e investe tanto i centri montani che quelli collinari. Il calo demografico, l’accentramento nei centri urbani, la perdita di competitività del settore primario, soprattutto l’incapacità politica di organizzare una valida strategia sull’immigrazione (che così, da potenziale risorsa, si è trasformata in una criticità) sono alcuni degli aspetti tra loro intrecciati.

La proposta su cui il gruppo di cui fa parte chi scrive lavora da molti anni si collega a questo assunto. Il luogo simbolicamente prescelto è di grande suggestione: Gioiosa Guardia. L’intenzione è  far rivivere virtualmente la cittadina abbandonata sulla costa settentrionale siciliana sul finire del XVIII secolo. Ma questo atto non è  finalizzato a creare una  memoria nostalgica o a un’azione poetica. Vuole trasmettere invece dei messaggi che dal centro abbandonato siano mandati a quei centri che “stanno per esserlo” abbandonati. Dal morto ai vivi. Come se in una seduta spiritica  il parente scomparso fornisca dei consigli a chi rischia di esserlo molto presto.

Ma quale è la storia di Gioiosa Guardia? Perché si è scelto emblematicamente questo centro?

Gioiosa Guardia. Ricostruzione ipotetica della città al tempo della sua massima espansione. In basso il Monastero accanto al quale è stata ritrovata una città greca. Da “Bell’Italia” n. 49 1990
Scavi che testimoniano la presenza di un insediamento greco  a maglia ippodamea databile a circa il 700 ac.

In un recente convegno il professor Aldo Casamento ha tracciato la storia dell’insediamento di Gioiosa Guardia. È partito dalle evidenze archeologiche di età neolitica nelle grotte marine del Tono. Si è soffermato su un insediamento di fondazione greca ritrovato recentemente in un pianoro verso oriente che si colloca a circa 150 metri più in basso del borgo consolidato in epoca medievale che ha appunto il nome di Gioiosa Guardia.

Veduta verso oriente da Gioiosa Guardia. Si nota a sinistra in basso sul fondo il promontorio di Tindari, in primo piano la zona più bassa dell’insediamento di origine medievale e le poche pietre sopravvissute, sullo sfondo verso sinistra, l’Etna
Percorsi di crinale. Sullo Sfondo l’Etna

Gioiosa Guardia era legata alla rete dei percorsi antichi siciliani che seguivano i sistemi naturali di spostarsi. I percorsi lungo i crinali per collegare tra loro i centri in questa zona storicamente in quota e i percorsi lungo le valle dei torrenti per connetersi al mare. I percorsi costieri sono nati ivece molto più tardi e sono stati realizzati solo nel XIX secolo. La relazione mare-monti a Gioiosa Guardia è questione che rimane sempre aperta tanto nel passato lontano che nel momento dell’abbandono del centro collinare e nella fondazione di quello costiero che nei duecento e più anni successivi sino a oggi. Nulla vieta di pensare che “contemporaneamente” agli insediamenti neolitici sul mare – ce ne siamo occupati nel 2022 con l’Installazione La grotta del Tono – vi siano stati insediamenti dei Siculi sui monti che utilizzavano le vaste piane scoscese che ancora oggi sono coltivate. Il sito era magnifico e altissimo: 800 metri. Un punto di grande “concentrazione di informazione” come su altri picchi lungo la costa, ma ben più alto di Cefalù 250 metri, di Capo d’Orlando 74 metri, di Calavà 492 o di Tindari 258 o di Piraino 415. Ciascuno di questi picchi è “accumulo” di informazione che consentiva ai nostri antenati di scrutare tanto il cielo che il territorio circostante. Questi picchi da tempi remotissimi sono ovviamente oggetto di “stratificazioni insediative” tanto di natura informativa che simbolica e religiosa. Naturalmente, in un punto così dominante come quello di Gioiosa Guardia non poteva non esistere una acropoli: prima una stele, poi un altare, poi un tempio, poi una torre. In questo contesto ancora niente vieta che ai nostri antenati Siculi, un poco indigeni un poco selvaggi, si sia sostituta  (con la forza?) una comunità di coloni greci. Una comunità che organizzò naturalmente il proprio insediamento sul famoso ordito ippodameo rivolgendolo verso la madre patria (una esposizione protetta dal sole occidentale estivo e riparato dai venti dalla cresta del monte) e che come d’abitudine si sviluppò sotto il picco “informatico” (simbolicamente sacro) che trasformò in acropoli. Incredibile pensare che solo sino a pochi decenni orsono di questa città greca non se ne conosceva la presenza.

Nel medioevo sulla cima del Monte Meliuso si consolida una torre di avvistamento da cui il nome di Gioiosa Guardia che deve essere stata parte di un sistema di esteso di riferimenti territoriali se si pensa che da questo punto si traguarda tanto l’Etna che le Eolie. Quello che oggi ci appare un sito quasi “inaccessibile” non lo era affatto nel passato. I percorsi infatti  – come si è detto – non si sviluppavano in prevalenza dal mare alla montagna, come oggi, ma da montagna a montagna lungo i crinali. Era questa la strutturazione medievale e certo ancora più antica e chi come il sottoscritto ne è stato allievo ricorda la passione con cui Gianfranco Caniggia illustrava la genesi di queste strutture e il modo in cui tanto gli edifici continui che quelli specialistici si inserivano organicamente nei percorsi.

Vista della Torre

Il borgo di Gioiosa Guardia visse la tensione che ha contraddistinto tutto il medioevo italiano. Quella tra un potere clericale – qui rappresentato dal vicinissimo vescovado di Patti – e un potere laico dei feudatari locali, in questo caso i Vinciguerra di cui Gioiosa Guardia era possedimento insieme a molti altri. Ma nella continua stratificazione storica così comune a tanti paesi e città in Italia qui a Gioiosa Guardia arrivò una svolta imprevista.  Alla fine del Settecento un atto pubblico concesse “lo spostamento” dal borgo romito a una nuova localizzazione sulla costa. Perché, è giusto chiedersi? Anche a noi sembra ragionevole considerare solo concause due ipotesi traumatiche  (pestilenza, invasione di cavallette che vengono riportate nella storiografia) e considerare la ragione principale dello spostamento sul progressivo spopolamento della città ormai ridotta a soli 400 abitanti anche per situazioni divenute climaticamente sfavorevoli a cominciare dalla fine del Cinquecento. Ma forse un ruolo ebbe anche la pressione a metà razionale a metà utilitaristica  verso terreni di proprietà di tal Monsignor Pisani attorno alla antica Grotta del Tono, una sorta di ritono alle origini. In ogni caso, nell’Ottocento iniziò la costruzione della nuova città sulla costa, in particolare con l’edificazione di una serie di residenze delle maggiorenti famiglie locali.

Vista dei monti e del mare dalla rocca di Gioiosa Guardia.

La classe dirigente di Gioiosa Marea ha dato ampia prove nei due secoli e più della sua storia quanto meno altalenanti. Certo ci fu una breve fase in epoca giolittiana che fece sorgere un pregevole “soggiorno” urbano sul mare – denominato, alla francese, “il Canapè” –  ma non furono assenti negligenze: la distruzione della Tonnara nella frazione di San Giorgio – che oggi sarebbe un tesoro storico e antropologico – lo sviluppo di una edificazione sciocca e indiscriminata attorno alla cittadina, un labile controllo sulla qualità degli interventi turistici spesso lasciati al gusto del geometra. Ma anche la vicenda di Gioiosa Guardia appare inserita nello stesso quadro. È ben triste pensare infatti come una città intera sia stata abbandonata, direi anzi ripudiata, dai suoi stessi abitanti,senza che i suoi notabili abbiano sviluppato interesse per la propria storia e per il suo mantenimento. Trattata come una scarpa rotta, quella che era una città oggi è solo un ammasso di pietre, per ricadere nel novero delle “città fantasma”. Ma anche – per noi – UnLost, non perduta.

di Antonino Saggio | nITro

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