MEMORIE DAL SOTTOSUOLO: ZAHA HADID METROPOLITANA DI OSLO

FBU Station Ext. Courtesy of ZHA

L’autrice di questo articolo ha vissuto per intero la vicenda di una straordinaria operatività Underground: la costruzione di due stazioni della Metropolitana ad Oslo. Prima lavorando al concept nel concorso, poi confrontandosi con i colleghi tra diverse opzioni infine seguendo il cantiere anche in pandemia attraverso una serie di web-cam. La sfida più riuscita? Il cladding

Nell’estate del 2018 la città di Oslo ha bandito un concorso per espandere la linea metropolitana e collegare la penisola di Fornebu, sito dell’aeroporto dismesso, al centro città. L’esito del concorso ha visto Zaha Hadid Architects vincitore di due delle sei nuove stazioni. Il bando chiedeva che ognuna delle fermate fosse un progetto a sé, riconoscibile e con un carattere proprio.

I due progetti sviluppati da ZHA sono dissimili nell’estetica, ma accomunati dalla stessa logica progettuale che vuole sottolineare una stretta relazione tra il paesaggio in superficie e il sottosuolo: Fornabu Centre è spirata alle gallerie e cavità glaciali: le forme scolpite simili a canyon si snodano dagli ingressi a livello stradale fino alle banchine guidando i flussi di pendolari dentro e fuori la stazione, in forme che ricordano montagne e fiordi. La cavità glaciale è un’immagine che funziona su più livelli: il fatto di trovarsi sotto terra, la trasparenza e luminosità, il modo in cui la geometria prende forma “scavando” digitalmente degli spazi a partire da dei volumi solidi.

Glacier Concept. Courtesy of ZHA
FBU Station Int. Courtesy of ZHA

Fornabuporten invece è caratterizzata da due padiglioni d’ingresso situati in due spazi pubblici (una piazza e un piccolo parco) ricoperti di superfici riflettenti, progettate per proiettare uno spettro di luce attraverso l’ambiente circostante che si modifica cambiando colore e intensità in base all’ora del giorno, in modo da migliorare il benessere dei passeggeri e mantenere una connessione con l’esterno. Il fatto di dover progettare sottoterra ha costituito la prima “crisi” con il contesto apparentemente sparito. Riferimenti chiari come il nord non importano più, ma si tende a usare per “bussola” altri dati, del livello sotto lo zero che la banchina dovrà raggiungere ai punti di emersione (le entrate) che dovranno gradualmente fondersi con il livello della strada.

FBU Station Ext. Courtesy of ZHA

Per costruire i nostri riferimenti ci siamo quindi serviti della memoria del luogo custodita nel sottosuolo: cavità glaciali, crepacci nordici e panorami tipici e mitici della cultura scandinava. Gli ingressi, i rivestimenti delle scale mobile e la banchina sinuosa si ispirano a questo lessico nordico. La volontà è quella di costruire una destinazione all’interno di un’infrastruttura: progettare uno spazio efficiente, chiaro, sicuro non solo migliorerà l’esperienza di ogni pendolare, ma funzionerà da incentivo per altri a preferire il sistema pubblico su quello privato; preferire il metrò all’automobile. Progettare una stazione della metropolitana porta con sé un bagaglio di regole e vincoli che, se usati nel modo giusto, possono favorire la riuscita del progetto combinando funzione e design.

Dietro alle geometrie morbide della banchina si celano apparati tecnici, impianti, antenne e dispositivi elettronici per la comunicazione tra stazione e treni. Dal punto di vista della sostenibilità la sfida più grande è stata quella di organizzare lo spazio tra il livello stradale e la “quota del ferro” in modo tale da non perturbare i corridoi verdi esistenti e la traiettoria geologica che fa defluire l’acqua – dalle forti piogge allo scioglimento delle nevi invernali – fino al fiordo pochi chilometri a sud del lotto. Tutte le quote e gli spessori dei livelli sono stati calcolate per garantire la pendenza necessaria.

FBU Station Int. Courtesy of ZHA

Altra accortezza è stata il poter riutilizzare parte dei detriti provenienti dallo scavo della galleria della metropolitana come inerte per tutta la pavimentazione “terrazzo”.

Dopo la fase di concept, chi scrive ha iniziata a occuparsi dei 100 metri di banchina e a coordinare un team di tre persone per uno dei due ingressi, presentando ogni settimana gli avanzamenti e le sfide che il progetto presentava. La collaborazione era strettissima anche il team degli ingegneri e del cliente.

La soluzione certamente più interessante dal livello prettamente costruttivo ed estetico ha riguardato il sistema di pannelli di rivestimento delle stazioni, un cladding delicato anche per ragioni di sicurezza e impianti.

Il design iniziale prevedeva una geometria sinuosa avviluppata ai due tunnel di ingresso del treno e, per motivi strutturali, due piedi di collegamento a terra. La potenza del concept vincitore risiedeva però proprio nella ricerca della fluidità dello spazio. Ad ZHA si è allenati a lavorare con geometrie complesse in maniera semplice, a impostare i problemi di progetto come fossero un’equazione: un pezzo per volta. Razionalizzare 30mila mq di cladding, eliminare ogni doppia curvatura, ridurre i pannelli a solo sei tipologie modulari, ridurre sempre di più i costi senza snaturare il concept è stato un grande successo del lavoro. In particolare l’ingresso orientale di Fornabu Centre, che con la sua morfologia morbida racchiude in piccola scala alcuni dei valori cardine dello studio: spazio costruito e landscape che convivono sfumati l’uno nell’altro; velocità diverse nello stesso edificio, cosí da garantire punti di vista sempre diversi, da chi va di corsa a prendere la metro, o arriva in bicicletta scendendo la rampa o si avventura sul tetto verde per godere di una pausa assolata. L’utilizzo di tecnologie avanzate ha permesso di sviluppare una struttura ambiziosa, e quindi la ricerca continua per migliorare se stessi e lo spazio circostante che ZHA è fiero di promuovere

La prima corsa in treno è prevista per la fine del 2025.

Michela Falcone | nITro

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