ROOF | CONDENSATORI DI SIGNIFICATO

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L’architettura deve essere più che semplice costruzione. Essa deve farsi portatrice di istanze sociali, così come incarnare valori tecnici ed estetici.

(Samuel Mockbee)

La recente pubblicazione del volume “Tetti”, ad opera dell’architetto franco-ungherese Yona Friedman, ha acceso un nuovo interesse su uno degli elementi che ha stimolato la fantasia di generazioni di architetti e contribuito a definire un’immagine sintetica e distintiva dei singoli luoghi del nostro pianeta: il tetto.  Se è facile non avere dubbi su quale sia la funzione di un tetto, è invece complesso giungere ad una sua definizione univoca data la sua immagine mutabile, sempre in continua rinegoziazione e in grado di caricarsi di significati singolari mutuati dalle popolazioni che si cimentano nella sua costruzione.

Se vogliamo parlare di tetti in maniera originale è quindi necessario svincolarsi dal solo aspetto formale di questo elemento culminante della dimensione verticale dell’architettura e interrogarsi su quali siano gli aspetti sociali, culturali e “magici”, che ne caratterizzano la nascita e la costruzione.

Il gruppo nITro negli ultimi si è spesso confrontato con questa sfida. In differenti occasioni ha lavorato per la realizzazione di shelter (come Reciprocal 1.0 e 2.0) che fossero poeticamente e morfologicamente espressivi ma allo stesso tempo in grado di attivare processi dinamici negli spazi interstiziali nei quali i progetti si inserivano. Le grandi coperture progettate e prototipate dal gruppo nITro, volevano distinguersi non solo perchè figurativamente ardite, ma perché capaci di dare sostanza alle informazioni che permeano lo spazio in cui viviamo e di plasmarle in stimoli ludici, luminosi e sonori per stimolare la popolazione a vivere lo spazio pubblico che a volte viene sottratto ai cittadini dai meccanismi di sviluppo urbano.

Il nuovo numero #Roof intende portare avanti questa ricerca e cerca di identificare nel tetto una formula alchemica, una “geometria operativa”, che possa riconnettere spazio e funzione, forma e astrazione, impianti e costruzione, e parlarci di architettura quale totalità delle varie anime che la compongono e che sono in stretta relazione e interdipendenza l’una con l’altra, come dei sottosistemi indipendenti ma connessi. Tetti che siano condensatori di significato capaci di fondere tra loro un insieme di valori, di  elementi naturali e antropici per creare immagini e significati nuovi.

Preparatevi quindi a planare assieme a noi su luoghi tra loro assai diversi, dove differenti popolazioni hanno declinato con una sensibilità lontana dalla nostra l’archetipo della copertura. Vi racconteremo di un geniale architetto italiano che, con l’aiuto della popolazione locale e i semplici mezzi a sua disposizione, è stato in grado di creare spazialità in cui gli abitanti possano riconoscersi e identificarsi. Voleremo nell’Europa del nord, dove un iconico tetto, affrancandosi dalla terra, si aggrappa all’ambiente e costruisce paesaggio e bellezza; esploreremo poi il sud del nostro paese alla ricerca di una maniera costruttiva capace di fondere ecologia, economia ed efficienza, che utilizza la costruzione di coperture tradizionali come laboratorio di continua sperimentazione.

Vogliamo parlare di tetti in questi numero perché siamo convinti che non esista più una netta distinzione tra astrazione e figurazione, ma che si possa condensare nel tetto una componente tanto spaziale quanto simbolica dell’architettura, dove un sentire cosmico si fonde con uno terrestre ed è in grado di generare, come testimonia l’esempio di Rural Studio, architetture struggentemente belle e incredibilmente poetiche.

On/Off Magazine Editorial Staff | nITro

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