Essendo degli animali che vivono un’esistenza interstellare, abbiamo imparato un po’ di cose a proposito di stelle. Sono corpi magnifici di per se, ma in particolare ci interessa il pezzo “inter-”. Dove stanno le stelle? Nello spazio, ovvio, ok: ma cos’è lo spazio? O meglio, cosa lo fa? E come ci si interagisce?
Questo è un fil rouge che seguiamo da un po’.
Inutile dire quanto importante specialmente oggi, che la nostra idea quotidiana dello spazio cambia via nuove tecnologie: che non siamo più sempre e solo nello spazio fisico, ma circoliamo agilmente tra lo spazio fisico e nuove dimensioni più o meno immateriali.
Tutto è diventato ibrido.
C’era una volta che credevamo che la terra fosse piatta, c’erano gli dei nel cielo e i mostri ctoni sottoterra e pure negli altri paesi (soprattutto in quelli diversi da noi).
A onor del vero era tutto ibrido anche a quel tempo, solo che la funzione aumentante era data dalla nostra immaginazione (linkata ad una serie di stimoli culturali).
Poi viene il metodo scientifico & co e abbiamo studiato tutto per bene e scoperto i misteri del mondo fisico. Quindi non crediamo più che ci siano i draghi (peccato)… finché non ce li siamo ritrovati nei libri e soprattutto sugli schermi (W Smaug!) e siamo tornati a volerci credere. In un mondo in cui tutta la comunicazione è mediata, quando uno ci dice che è caduto sulla Terra dello spazio, ci godiamo lo spettacolo e non questioniamo.
Le storie sono spazi che abitiamo.
Ambienti relazionali che si costituiscono di molti elementi molto diversi (materiali e non). Questi elementi funzionano come interfacce che ci stimolano in vari modi, consapevolmente o no: ci trasmettono informazioni, interagiscono e influenzano i nostri stati d’animo, ci permettono o inducono a fare certe cose e altre no etc. L’architettura e in generale il progetto sono parte della lista di queste interfacce. Si badi, nelle storie siamo liberi di agire più o meno liberamente. Il parallelo con il linguaggio architettonico calza: sono come ambienti e funzionano – questa la tiriamo un po’ per i capelli – più o meno allo stesso modo.
Non appena costruita e avviata la storia, tutto il resto la segue.
Form follows fiction è forse il modo più semplice per descrivere questo approccio che in effetti che abbiamo provato in vari contesti verificandone la validità.
Siamo procioni interstellari, tipo il risultato di un progetto segreto di ricerca sulla vita nello spazio. Perché procioni? Con i cani è andata alla grande, con le scimmie mica tanto.
Chi stava nel mezzo?
Siamo intelligenti, abbiamo dei pollici, siamo problem solver per gola, ma sopratuttto siamo hipster e buffi, che funziona su Youtube.
Un universo di storie che ci piace tantissimo è quello Marvel, che sono proprio dei bravi ragazzi e hanno inventato questo concetto di continuum che è interessantissimo. Perché abbiamo bisogno di un continuum? Quando si raccontano storie che creano un mondo enorme (in termini di linee narrative, personaggi, storie, luoghi e chi più ne ha più ne metta) e questa cosa la si fa per più di mezzo secolo. Ne deriva che il sistema di relazioni all’interno della finzione e tra la finzione e realtà diventa enorme e molto complesso.
Parliamo quindi della coerenza interna al mondo della fiction, della coerenza verso la realtà, e la coerenza rispetto al reale scorrere del tempo.
Quindi i nostri simpatici amici editori di Marvel si sono trovati a dover affrontare questa complessità, come? Con un trucco decisamente intelligente: ad un certo punto dicono, il nostro universo è un multiverso. Ovvero un sistema fatto di universi paralleli e alternativi. Il principale è quello in cui si verifica il continuum (ossia il flusso di eventi principale, in cui tutto deve essere mutualmente coerente). Gli altri, sono quelli in cui la coerenza si può dimenticare e si fa accadere quel che si vuole, anche contraddicendo il continuo. Ad esempio, le serie “what if” funzionano così.
In un epoca che è tutta transmediale e transtemporale le relazioni all’interno della fiction e tra la fiction e realtà diventano molto più complesse. Ad esempio ora i nostri editori rilasciano contenuti in un sistema che si basa su una temporalità diversa ed è indipendente da loro. La domanda è – che cosa accade a Continuum in un ambiente transmediale? Si passa da una continuità assoluta ad una personale (di ciascun rappresentante del pubblico). Entriamo in un sistema basato su rituali personali che interagiscono in modo diverso tra loro.
Emergono quindi due grandi punti:
– il valore della conoscenza – adesso è più importante generare conversazioni a proposito di fatticci, piuttosto che sapere di verità assolute (ci interessa poco di Chiara Poggi ma tutti parliamo del delitto di Garlasco);
– in un sistema complesso, transmediale e in tempo reale, praticamente a tutto spoiler: qual’è la data di scadenza di un’informazione?
Questione importante: come possiamo progettare questo genere di ambienti narrativi?
Ad esempio nella didattica attraverso il concetto di learning environments: ambienti relazionali immersivi, community-based, in cui gruppi di individui danno forma alla propria esperienza di apprendimento.
Un esempio: Ceramic Futures. Un laboratorio online/offline tra varie scuole europee di design, dove gruppi di studenti hanno lavorato sia offline (nelle rispettive scuole) che online (tra tutte le scuole) su una community Google Plus.
Abbiamo chiesto agli studenti di creare oggetti che attraverso le proprie qualità potessero raccontare storie dal futuro sorte di artefatti in anticipo sul loro tempo reale.
Come progettare qualcosa del genere? Creando gli strumenti nuovi. Abbiamo costruito insieme delle mappe del futuro, scenari di possibilità e impossibilità, desiderabili e non, utopie vs distopie e moonshot dappertutto. Abbiamo progettato in questi scenari raccontati sotto forma di storie, sviluppando nuovi riti per abitarli e incorporato il tutto in prototipi.
Il tutto è completamente accessibile (sotto licenza CC) in un book in cui si rendono disponibili contenuti, processo, strumenti (ad esempio i design patterns) e formati.
#nevicata14
Come raccontare la grande nevicata del 2014? Come costruire l’analogia tra un fenomeno metereologico e un progetto urbano? Come farlo poi quando si è un gruppo di quasi 400 persone?
Abbiamo deciso di creare una storia, collettiva, in cui tutte le persone coinvolte, tutte le azioni realizzate, tutti i contenuti prodotti (inclusa la proposta di progetto) potessero essere inclusi.
La storia è raccontata dal 2024, dieci anni dopo la nevicata e racconta di come sia apparsa, di come i cittadini l’abbiano scoperta, ci si siano riconosciuti, se ne siano appropriati. Racconta anche di un progetto (in un secondo tempo) di equipaggiamenti per poterla utilizzare meglio. Racconta infine come, dopo Expo, dato che era entrata di diritto nell’olimpo dell’identità milanese, sia stata ricreata in un altra parte della città.
Il senso della storia coincide con il senso del nostro approccio. Crediamo oggi che fare una città (una città come Milano) non richieda solo funzionalità, risposta a bisogni, efficienza nella gestione e nell’impiego delle risorse. Questi restano ovviamente requisiti imprescindibili.
Crediamo però che si possa anche essere ottimisti oggi e che una città debba essere in prima istanza immaginata insieme. C’è il grande bisogno di istruire processi e protocolli che consentano un nuovo sodalizio tra amministrazioni e parti della società per l’individuazione e la definizione dei beni comuni, dei modelli di welfare urbano e delle identità locali. Identità che necessariamente poi diventano spazi, funzioni, servizi, persone. Cosi è successo con #nevicata14. Anche se piazza Castello non è stata coperta totalmente dalla neve, con #nevicata14 è stata trasformata in un luogo nuovo, sperimentale, flessibile e aperto al pubblico, dove tutti hanno potuto trovare spazi e servizi di cui godere.
La magia della neve è stata ricreata da uno spazio ibrido – dove i servizi digitali e lo storytelling continuo che ha animato la vita della piazza hanno portato ad ogni Milanese e visitatore la possibilità di un’esperienza unica. Esattamente come previsto dal racconto – la piazza diventa permanentemente pedonale dopo Expo e #nevicata14 viene trasferita in un nuovo contesto.
Ancora, #nevicata14 è stata in parte smembrata e diffusa per il mondo sotto forma di un progetto postale.
Dove finisce, la storia riprende per spirito di circolarità…e quindi ci sono anche i formati degli space weekend in cui si parla di viaggi e messaggi interstellari, di esplorazione delle stelle e dei simpatici animali astronauti che lo fanno, ma anche tenendo traccia delle nostre avventure nel diario del bordo.
Warp drive on e poehali!
co-writer | Interstellar Racoons