Endogenesi-reazioni urbane dall’interno è sicuramente il progetto che in maniera più significativa riesce a sintetizzare lo spirito del collettivo, perché esprime chiaramente l’approccio fondamentale di noi tutti alla disciplina: l’architettura è uno strumento che senza le adeguate radici nelle realtà non ha la forza di cambiare la medesima. Le sue possibilità di incidere sono legate a doppio filo alla sua capacità di polarizzare su di sé un dibattito, un ragionamento, una affinità con le persone. E non c’è luogo migliore in cui sperimentare nuovi rapporti tra l’architettura e il territorio, che non sia il proprio territorio d’origine: il luogo dove sono sedimentate le proprie esperienze, dove la conoscenza dei luoghi si arricchisce di storie di paese e narrazioni popolari, dove si forma l’immaginario di provincia che abita gli occhi sensibili del progettista, luoghi in cui è ancora possibile dipanare il marcio dal buono.
Ecco, il territorio è il luogo privilegiato della propria esperienza.
Endogenesi è la necessità di riprendersi il territorio; è l’occhio interno di questo territorio indistinto, osservatorio privilegiato e intimo delle dinamiche che lo generano ed alimentano.
Endogenesi è una riflessione sul ruolo dell’architettura nella costruzione della città.
Un processo che si schematizza in tre fasi che temporalmente si succedono: analisi, strategia, network. L’idea è che alla fine di suddetto processo sia stata costruita un’esperienza organica che racchiude dentro di sé la conoscenza del territorio, l’ideazione di una futuribile strategia urbana e infine una raccolta di visioni del territorio espresse attraverso progetti di architettura.
La prima fase di analisi è frutto di un lavoro lungo e lento di ricerca e indagine visiva di un luogo ristretto del territorio, all’interno del quale si selezionano gli ambiti di intervento che rispondono al tema di fondo dello spazio pubblico da riqualificare. La seconda fase di strategia si fonda sulla compartecipazione con interlocutori terzi [operatori culturali che già lavorano sul territorio e realtà esterne che possono portare la propria personale visione del territorio come artisti, fotografi, urbanisti, designer] e sulla compartecipazione dei cittadini tramite sondaggi per capire di che tipologie di spazi ci sia necessità. Una volta rielaborati tutti i feedback, inizia la terza fase di network che si sviluppa come una piattaforma dove chiunque può avere accesso alle informazioni da noi rielaborate e proporre la propria visione di riappropriazione, miglioramento, riattivazione o critica degli ambiti selezionati. Quindi ciò che il territorio da sotto varie forme diventa la materia prima per ripensarlo e lavorarci. Siamo aperti a tutte le possibili forme di espressione delle idee, ma naturalmente si predilige un concept/visione architettonica, sintetizzato in una immagine significativa, comprensibile da tutti.
Una volta raccolti tutti i concept/visioni questi rappresentano le vere e proprie “reazioni dall’interno” e vengono messe in circolo per dimostrare che con un certo tipo di processo qualcosa si può muovere e promuovere. I canali di divulgazione sono vari e differenti, si parte dalla presentazione ai cittadini e amministrazioni delle città soggette al progetto, agli eventi che promuovono la partecipazione dal basso, alle mostre dove vengono esposte le idee, ai dibattiti con altre realtà simili alla nostra.
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Nella seconda edizione del progetto che ha avuto come tema di progetto la riqualificazione di alcuni spazi pubblici del borgo di Sant’Edigio del Monte Albino, sono stati raccolti numerosi progetti d’architettura che prima sono stati presentati ad una mostra nello spazio Cantera a Salerno, insieme alle visioni dell’artista Mary Cinque che ha esposto i suoi personali lavori di racconto dei luoghi del borgo.
Infine lo scorso 5 Febbraio 2015 all’interno del ciclo di incontri “Città.immagine e racconto” tenutosi a Palazzo Reale di Napoli per volere e sensibilità della Fondazione Premio Napoli, organizzatrice insieme a Racna Magazine dell’evento, sono stati raccontati i progetti all’attenzione della stampa e del pubblico.
Questa esperienza è quindi da un lato un input che arriva ai cittadini e agli operatori che lavorano sul territorio, e che possono costruire un dibattito sulla città partendo da una base definita anche grazie alla loro compartecipazione, e dall’altro lato è un input che il governo della città e del territorio può assumere come stratagemma di sviluppo urbano.
La politica che si completa in maniera intelligente, gli amministratori e i cittadini che siedono alla stessa tavola rotonda per un confronto sullo sviluppo urbano.
La partecipazione agisce nel progetto di architettura come un moltiplicatore, laddove allarga la platea degli interlocutori che partecipano alla formazione del progetto e della città, ribaltando la convinzione che le trasformazioni urbane siano un processo che si possa solo subire,osservare.
E’ un’operazione che organizza le energie presenti sul territorio e mette a sistema le intelligenze per progettare un’idea [o più idee] di città. Una piattaforma dove mettere in collegamento progetti, visioni, suggestioni, desideri, ipotesi di trasformazione urbana. E’ una reazione che parte dall’interno e che non sposta mai la sua prospettiva fuori dal mondo che vuole radicalmente trasformare.
guest writer | Laboratorio IAMM
Il laboratorio IAMM, composto da Giulio Esposito, Marco Sorrentino, Vincenzo Montella, Lorenzo D’Apuzzo, Fabio Cappello e Francesco Aversano, nacque nel maggio 2010 tra un mix di incoscienza e tenacia per volere di sei studenti di architettura, come un luogo di crescita e confronto con la realtà che spesso non riusciva a farsi viva nel mondo dell’università. Abbiamo intrapreso un percorso di crescita personale e professionale che ci ha spinto ad indagare sulle reali possibilità di poter incidere nel proprio territorio. Si è sviluppato nel tempo come un vero e proprio incubatore, dove sviluppare progetti in completa autonomia tracciando un’alternativa al percorso accademico.