“Sono le azioni che contano. I nostri pensieri per quanto buoni possano essere sono perle false fintanto che non vengono trasformate in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo”. Mahatma Gandhi [1]
E come si fa?
Questo pensiero così semplice, sembra impossibile da attuare in un momento storico e in un paese come l’Italia in cui tutto sembra essere così cristallizzato da non riuscire a vedere uno spiraglio, una piccola luce. Abbiamo bisogno di un qualcosa che dia il via ad una rivoluzione strutturale del nostro pensiero, ma la domanda è: ” abbiamo il coraggio di farlo? Siamo pronti ad alimentare un nuovo immaginario economico, ambientale, tecnologico e sociale basato su valori che abbiano altre priorità?
Siamo pronti ad una contronarrazione del mondo2 in cui l’individuo è in grado di fare scelte condivise incentrate sull’eliminazione del concetto di rifiuto, il risparmio energetico, il recupero del legame con il territorio e l’attenzione alla filiera della produzione e dei processi produttivi?
Nel 2013 l’impronta ecologica complessiva che è l’ indicatore della capacità della terra di rigenerare le risorse che vengono dissipate dall’uomo è stata di 1,5, il che significa che per soddisfarla abbiamo bisogno di un pianeta e mezzo.
Non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che l’ha generato. Albert Einstein [3]
Un’azione concreta, ci arriva dai Paesi del nord Europa che hanno avviato già da molti anni la costruzione di veri e propri pezzi di città con livelli di sostenibilità molto alti, sono le cosiddette Ecocities3. Molti di questi progetti non sono sempre sperimentazioni ben riuscite come spesso accade quando si cerca di creare nuovi scenari sociali, ambientali e tecnologici, soprattutto perchè alla base non c’è un progetto urbano colto in grado di creare quella complessità organizzata, quel tessuto che risponda non solo a questioni tecniche di sostenibilità, ma economiche ed aggregative che sono alla base del concetto di città. Molti di questi esempi infatti, si configurano come piccoli villaggi residenziali più che come città, mancano servizi e funzioni economico-produttive e la stessa morfologia urbana è tesa più ad una dimensione individualistica che sociale-relazionale.
Il salto verso una possibile idea di città in cui alla base vi è un vero e proprio approccio sistemico, è stato fatto da Hammarby Sjostad un nuovo quartiere a media-alta densità di 25.000 abitanti a sud di Stoccolma, con residenze, servizi amministrativi, scuole ed attività commerciali.
Complessità organizzata / Ecocycle
La chiave della riuscita del progetto è stata la realizzazione di un modello complesso, “eco-cycle” su cui impostare strategie sostenibili che hanno coinvolto tutta una serie di campi e competenze multidisciplinari per creare una rete circolare di interconnessioni in cui l’obiettivo era la riduzione dell’impatto ambientale con il minimo di dissipazione di materiali ed energia.

In verde il traffico (in google map)
L’eco-cycle prevede una serie di azioni, come la riduzione al minimo del trasporto su gomma sostituito da un efficiente trasporto pubblico e ciclo-pedonale di collegamento con la città, il riciclo di tutto il materiale trovato sul posto nelle fasi di demolizione e ricostruzione, compreso il terreno di riporto, l’utilizzo di materiali ecosostenibili per le residenze e l’eliminazione del concetto di spreco di rifiuto attraverso un sistema di recupero delle acque ed una pianificazione differenziata dei vari tipi di scarti che trasformati, tornano in un ciclo virtuoso come l’organico per la produzione di biogas e quindi di energia.

Schema del modello sostenibile eco-cycle (in http://amacacm.blogspot.it/)
Il ruolo cooperativo della natura
L’area su cui sorge Hammarby precedentemente occupata da uno stabilimento industriale portuale, è stata bonificata grazie al ruolo cooperativo del lago e della vegetazione ripariale-canneto reinserita e all’utilizzo di tecnologie d’ingegneria ambientale come la fitodepurazione e il fitorimedio ristabilendo quegli equilibri biologici alla base della biodiversità. L’acqua piovana viene recuperata attraverso un canale di raccolta delle acque collocato all’interno di uno spazio pubblico/collettivo e le abitazioni hanno dispositivi di controllo del consumo dell’acqua e di riciclo differenziato. Tutti gli elementi sia naturali che non, sono interconnessi e partecipano ai processi vitali, biologico/produttivi. Le aree verdi sono organizzate-pensate in maniera differenziata, si passa dagli spazi interni delle corti dove il verde è progettato con attrezzature per lo svolgimento di varie attività semi private e semi collettive mentre, a mano mano che si procede verso il lago o la collina, la vegetazione riprende il suo naturale e spontaneo andamento.
Complessità organizzata
Hammarby è un quartiere a media ed alta densità, caratterizzata essenzialmente da due tipologie edilizie, le case a blocco e una serie di corti differenziate con una grande varietà di tipologie di alloggi. All’interno delle corti gli spazi verdi e aperti sono articolati gradualmente mediante spazi di transizione/mediazione che vanno dagli spazi di soglia semiprivati, agli spazi semicollettivi e collettivi in modo da creare degli ambiti che non risultino mai separati di netto bensì sono sempre prolungati e accompagnati verso l’esterno, ricreando continuamente dei campi di connessioni graduali. La conformazione delle corti, permeabili rispetto alla strada attraverso porticati o aperture, protegge dai venti del lago e crea una dimensione raccolta dove poter stare e svolgere varie attività grazie alle attrezzature presenti. All’esterno di molte corti, al piano terra prospicienti la strada, ci sono le attività commerciali e gli uffici che animano il percorso di attraversamento, oltrepassato il quale, delimitato solo da un basso muretto/soglia lineare che garantisce sempre la vista del lago, troviamo nuovamente spazi verdi di mediazione, con rampe percorso di legno che conducono ad un’ambito più naturalistico, in cui un percorso-sentiero di legno corre lungo il lago e da cui dipartono passerelle sospese sull’acqua che si inoltrano tra i canneti.

Vista del lungo lago
(in http://www.google.it/imgres?imgurl=http://ecowebtown.eu/n_3/it/)

Vista dei percorsi e delle attrezzature del lungo lago (google map)
Immagini delle passerelle sospese e delle attrezzature sul lago
(in http://aquadental.se/kliniker/hammarby-sjostad/)
Le case a blocco che si trovano sulla sponde del lago pur subendo l’azione del vento in compenso godono della vista rilassante e vitale lacustre. Tra le case a blocco, sul lato corto, a coppie di due si aprono degli spazi/semicollettivi di forma circolare di pertinenza degli abitanti, attrezzati con sedute e vasche d’acqua.

Le case a blocco lungo le sponde del lago e gli spazi circolari semiprivati
( in google map con evidenziazione grafica)
All’interno del quartiere, un sistema di corti si affaccia su un altro elemento d’acqua, il canale di raccolta delle acque piovane. Questo grande ambito longitudinale raccolto, delimitato dalle corti che vi si aprono, arriva fino al lago ed è progettato con scenari/paesaggi differenziati in cui è possibile vivere più situazioni esperienziali, dal prendere il sole sulle sue sponde, al sedersi e bagnarsi i piedi, camminare sull’acqua o ancora ritrovarsi in piazza tra giochi d’acqua, il mercato dei prodotti biologici il caffè bar.
Sia all’interno delle corti, del canale/soggiorno, e passeggiando lungo le strade carrabili fino alle sponde del lago, vi è sempre la ricerca di un contatto visuale o diretto/intimo con gli elementi naturali, dell’acqua , della terra del verde.

Evidenziazione dei diversi ambiti del canale di raccolta delle acque e delle permeabilità/
continuità delle corti che vi si aprono
( googlemap e sovrapposizione grafica)

Vista dei diversi scenari dello spazio caratterizzato dal canale di raccolta delle acque e della sua
accessibilità limitata
(foto in alto in http://urbantimes.co/2011/05/stockholm-sweden-european-green-capital-2/ , foto in
basso http://ilforumdellemuse.forumfree.it/?t=46926997)
Permeabilità / accessibilità graduale
L’articolata gamma di spazi di soglia, privati, semiprivati e pubblici/collettivi è consentita grazie ad una permeabilità/accessibilità graduale e ad una complessa rete di percorsi che segnano percorrenze ritmiche differenziate accentuate dai dislivelli e salti di quota. Il passaggio da uno spazio ad uno di ordine diverso, è così graduale che in alcuni casi risulta sfumato.

Differenziazione degli ambiti graduali di transizione all’interno delle corti e della permeabilità
verso l’esterno
(googlemap e rappresentazione grafica)
Delimitare, mai separare
Questa permeabilità graduale deriva dall’assenza di separazioni-divisioni consentendo sempre un’accessibilità fisica e visiva, rivolta verso l’esterno, verso il lago e il parco sulla collina che diventano le porte-fughe/prospettiche naturali della città. Alla base del delimitare c’è il concetto di soglia lineare/onda e di campo, declinata come il tempo musicale.
Le motivazioni ambientali come catalizzatori sociali
L’uomo come co-produttore
L’autoproduzione come momento di socializzazione

Alcune corti sono organizzate con orti coltivati dagli abitanti
( googlemap immagine planimetrica e immagine dell’orto in l’Industria delle costruzioni n. 419 )
Le parole chiave del progetto urbano sistemico
Rosetta Angelini | nITro
Riferimenti bibliografici
AA.VV. “Ecocities”, Roma. In l’industria delle costruzioni 419, 2011
Francesco Indovina. Dalla città diffusa all’arcipelago metropolitano, Milano, Franco Angeli, 2009
Fritjof Capra, La rete della vita, Feltrinelli Editore, Milano,1995
Herman Hertzberger, Lezioni di architettura, Roma, Laterza Editore, 1996
Marco Maretto, Ecocities. Il progetto urbano tra morfologia e sosenibilità. Milano, Franco Angeli Edizioni, 2012
Note
[1] Mahatma Gandhi è stato uno dei pionieri e dei teorici del satyagraha, la resistenza all’oppressione tramite la disobbedienza civile di massa che ha portato l’India all’indipendenza.
[2] Il concetto di contranarrazione del mondo, fa riferimento al libro di Maurizio Pallante dal titolo monasteri del terzo millennio, 2013, Lindau, Torino
[3] La citazione di Albert Einstein è stata presa dal libro di Maurizio Pallante dal titolo monasteri del terzo millennio, 2013, Lindau, Torino