Si accede alla casa dalla strada che tuttora riveste il ruolo di ‘corso’ del paese. Una lunga galleria voltata, al piano terra, connette il corso con un giardino Siciliano, che è più del raddoppio dello spazio occupato dall’edificio. Se non si accede al giardino, si trova uno scalone che conduce al piano nobile, dove secondo un’organizzazione ad anello, diversi ambienti si articolano intorno al vuoto del corpo scala. Tali ambienti, dalle funzioni dedicate allo scambio e alla trasmissione di conoscenza, hanno tutti un nome preciso: ‘Navigation Room’, ‘Tic,Tac& Toc Room’, ecc., poiché è proprio l’avere un nome che crea una rappresentazione condivisa e un riconoscimento dei luoghi nei quali accadranno delle storie, per certi versi addirittura epiche, come dovrebbe sempre verificarsi nei processi educativi. I nomi delle stanze, infatti, costituiscono un pattern che non è solo architettonico ma soprattutto comportamentale.
La luce penetra all’interno in maniera graduale, quel tanto che basta a far sentire che ci si trova su un’isola, la Sicilia; le stanze, coperte da volte eseguite con la nota tecnica dell’incannucciata, sono pronte ad accogliere delle piccole folle che godono nell’affacciarsi di tanto in tanto, o sul corso o sul grande giardino del retro. Qui, come in tutti i giardini Siciliani vi si trova una natura che a fine Estate è più lussureggiante che mai: palme, alberi di limone, e cespugli che partoriscono fiori grandi come il palmo di una mano, si fatica di anno in anno a contenere questa esplosione di rami e foglie. Sulla facciata che dà sul giardino, perfino delle vespe, che sembrano quasi discrete, sono libere di nidificare. Un altro pattern, quindi è quello della partecipazione fondamentale della natura ad un luogo educativo.
La presenza della città da una facciata, e della natura dall’altra, si fondono in uno spazio che è quello dell’incontro: l’interno, infatti, è proprio il luogo fra i due mondi, l’unico dove un processo educativo dedicato all’architettura e al design, può iniziare…
Ma se si torna al piano terra, magari scendendo dal piccolo ma accogliente terrazzo che porta al giardino, si trovano altri ambienti, che vivono una vita fatta di contatti diretti e saltuari con la strada, e con la realtà più comune di un piccolo centro sulla costa messinese, che discende gradatamente verso il mare. A separarlo da questo, una ferrovia con la piccola stazione, che forse durerà ancora poco, e che potrebbe costituire invece, un perno sul quale innescare una nuova storia seguendo il tracciato della costa Nord e arrivando fino a Palermo.
L’educazione, soprattutto quando è relativamente distante dai canali prestabiliti, richiede luoghi ‘altri’, che non perdano tuttavia la peculiare vocazione di essere stazioni, punti di transito, passaggi e connessioni con il piccolo e con il grande contemporaneamente; capaci di aprire delle porte, e di ampliare i domini culturali dei partecipanti. Si tratta di un modello dunque, composto da pattern fisici e comportamentali, in grado di coesistere data l’ampia cornice narrativa e concreta del Sicily Lab, il luogo che stiamo descrivendo. Probabilmente unico per scala e per vicissitudini, il Sicily Lab, è dedicato all’alternative education nel campo dell’architettura e del design, ed è stato fondato dal gruppo Nitro basato a Roma, e guidato dal Prof. Antonino Saggio, sin dal 2006. Il Lab, come una vera ecologia, deve la sua forza proprio alla sua apparente fragilità, che consiste nel ritenere che i processi educativi autentici dipendano da diversi fattori e contingenze, e che possano innescare uno sviluppo, solo quando non sono irreggimentati nell’inflessibilità delle strutture ufficiali. L’educazione, infatti, è prima di tutto un modello condiviso, un decidere insieme di compiere un percorso, modificando insieme a se stessi anche i luoghi nei quali si lavora.
Sotto la dizione alternative education infatti, troviamo diversi modelli pedagogici tutti accomunati da alcuni criteri di base, che più che sul rifiuto della tradizione pongono l’accento sul carattere comunitario dell’educazione e sui modelli psicologici di relazione: per questo sono intimamente ecologici. Il Sicily Lab, infatti, in accordo con tali modelli enfatizza la sua centralità di costituirsi come luogo per costruire delle azioni condivise. Nato con lo scopo di essere uno spazio libero, non solo dove sperimentare, ma dove proporre anche esperienze e gettare le basi per dialoghi futuri, il Sicily Lab trae dalla sua collocazione geografica, a Gioiosa Marea, uno dei suoi obiettivi principali, che è quello di costruire uno sguardo diverso sulle piccole realtà urbane e paesaggistiche che costituiscono la regola del territorio Italiano. Studenti, architetti e designer, anche da Università Europee e Americane, come diversi architetti e professionisti, in questi anni si sono avvicendati come partecipanti ai workshop e ai simposi organizzati dal Lab. I criteri invece, sono rimasti gli stessi: una cornice narrativa fondata sulla tradizione del Pupi, come a dire che teatro e vita sono in realtà più vicini ed intricati di quanto si pensi, e pochi ma fondamentali assunti, sperimentati negli anni, per raffinare una filosofia educativa. Così tratteggiando i pattern relativi ai contenuti, negli statement del Sicily Lab, troviamo la preoccupazione di connettere, più che disconnettere le discipline, la mancanza di distanza fra tutor e allievi e, una significativa volontà di pensare per crisi deducibili dall’osservazione diretta dei fenomeni urbani e paesaggistici che chiedono una trasformazione.
L’attrezzatura del Lab di riflesso, pattern cruciale di tutto il modello, non può che riferirsi esplicitamente alla tecnologia informatica, alla peculiarità cioè, di avere strumenti in grado di riconnettere tutti i pattern secondo una logica cognitiva inclusiva, e ciononostante, leggera e flessibile. Luoghi come il Sicily Lab, servono non solo a generare idee e a diffonderle nella società, ma anche a costituirsi come modello di esperienza per altri.
Antonino Di Raimo | Polis University
Bibliografia:
Edgar Morin, La testa ben fatta, riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero, Raffaello Cortina Ed., Milano, 2000
Sono lieto dell’articolo. Ho diverse case e io sono sempre lo stesso. Anche la Sapienza è casa mia, anzi è soprattutto la Sapienza casa mia. Anche li faccio lo stesso e cerco di fare lo stesso anche se a volte digerire alcuni spazi e ritenerli congrui per l’architettura è veramente difficile. Ma anche il Sicily lab è difficile.. molto difficile. Ringrazio Antonino tutti gli amici di Nitro e gli amici delle università e i paladini che sono stati negli anni con me in questa navigazione spero anche bella.