Un tubo di scarico emette dei gas nocivi verso di noi, tratteniamo il fiato; giriamo un angolo ed il sole ci investe con tutta la sua luce, chiudiamo momentaneamente gli occhi e li riapriamo solo dopo aver rivolto altrove lo sguardo. La relazione tra il nostro corpo e l’ambiente è inscindibile.
Siamo naturalmente immersi nello spazio reale, pervade i nostri sensi.
E lo spazio virtuale? Quando è nato? E perché?
Addormentarsi è la prima azione con cui l’uomo impara a interrompere l’onnipresenza dello spazio reale. Forse è proprio così che l’uomo ha cominciato a sviluppare l’idea che potesse esistere un altro tipo di spazio, con limiti non fisici e costanti ma personali e mutevoli in cui le regole sono incerte e dove ogni cosa è decisa consciamente e inconsciamente dall’individuo: lo spazio virtuale delle possibilità. Lo spazio della mente.
L’esperienza del sogno rivela altri aspetti. Il nostro cervello che di giorno lavora come sistema aperto elaborando istantaneamente le informazioni che i nostri sensi captano dall’esterno, di notte si riconfigura come sistema chiuso, produce esso stesso le informazioni necessarie a farci esperire un ambiente: il nostro ambiente.
Le informazioni autoprodotte che generano questo nuovo spazio-tempo sono minori rispetto a quelle esperite direttamente nella realtà e le zone d’ombra (zone di cui semplicemente non abbiamo informazioni, non sappiamo) sono la maggioranza. Queste zone di incertezza e mistero sono numerose e mutevoli ed è grazie a loro che l’ambiente onirico autoprodotto è in continua trasformazione. Il non sapere che cosa c’è in quell’angolo del sogno è proprio ciò che ci da la possibilità e lo spazio per inventarlo. La curiosità di scoprire precede di un attimo l’invenzione e ci stupisce sempre.
L’ambiente onirico è generato a partire dalla personale memoria della realtà ricombinata in nuovi rapporti e significati all’interno di una nuova temporalità; la rete neurale del nostro cervello è un filtro creativo e quello che ci restituisce ha relazioni con la realtà ma è “altro”.
L’uomo è incantato da questa virtualità che abita in lui e durante la sua storia si è costantemente dedicato alla ricerca dei modi con cui poterla esprimere e condividere. Ha così inventato e scoperto il disegno, il teatro, la musica,la scrittura, la scultura, la fotografia, il cinema, la danza, l’architettura, la poesia…
I mezzi di espressione crescono e nascono incessantemente nuove, incredibili creazioni che diventano indissolubilmente realtà. Nonostante questo progetto comune però la porzione di virtualità che passa il confine diventando concreta appare sempre più piccola. Per ogni passo verso la meta questa si allontana di almeno due.
L’umanità è come un esploratore di notte in un bosco, la lanterna che stringe nelle mani gli permette di vedere quello che ha intorno a lui, ma la visione è limitata e dipende inevitabilmente dalla direzione del suo cammino e dalla velocità del suo incedere.
Dovrà convivere con il dubbio, la parzialità e l’incertezza e capire che l’importanza del cammino è pari a quella della meta.
In questa storia internet può essere immaginato come il mezzo di espressione e condivisione inventato dal nostro tempo. Un mezzo particolare perché ha intersezioni con tutti gli altri: su internet si può ascoltare la musica, ma si può anche leggere un libro. L’orizzonte a cui dovrebbe mirare lo sviluppo di internet non è quello di sostituirsi agli altri ma quello di aiutare a reinventarli, a condividerli e farne nascere, chissà, di nuovi.
Internet come un amplificatore della realtà, delle sue possibilità, dei suoi significati, delle sue configurazioni e delle sue relazioni e non come un potente anestetico.
Internet è la lanterna del nostro tempo, a noi il compito di raccoglierla e cominciare il nostro cammino.
Prima però, Buonanotte.
di Pietro Scarpa