Nel corso dei prossimi decenni si prevede che la popolazione mondiale crescerà di almeno due miliardi e più del 60% vivrà in aree urbane. La conseguenza sarà una crisi dell’attuale modello urbano, alla quale siamo chiamati a rispondere.
Da qui parte l’indagine di questo numero di On/Off, alla ricerca di quelle proposte che fanno di questo dato una sfida da vincere, per garantire il futuro della nostra civiltà. L’ambito nel quale ci muoviamo è quello suggerito dalle visioni di Rachel Armstrong. Nel suo libro Living Architecture, “l‘esploratrice di idee”, come lei stessa ama definirsi, si chiede:
“In quanto esseri viventi è giusto vivere dentro habitat morti?”
La Armstrong immagina un mondo in cui gli edifici sono sistemi “quasi viventi”, in grado di sentire e di reagire al loro ambiente, assorbendo sostanze inquinanti e autoriparandosi. Gli esempi presenti in questo numero esplorano le interazioni tra architettura e sistemi biologici, con particolare attenzione a quei progetti in cui le nuove tecnologie informatiche svolgono il ruolo di catalizzatore.
Siamo infatti convinti che l’Information Technology permetta di rivolgerci alla natura con sguardo nuovo, non più come fonte di forme alla quale attingere ma come serie di processi dinamici interconnessi, la cui comprensione offre inesplorate possibilità di ibridazione e nuovi modi per l’architettura, intesa come sistema, di relazionarsi al contesto quale fattore determinante della sua stessa evoluzione. Come nel caso ad esempio, della progettazione genetica, che utilizza i meccanismi della teoria evoluzionistica darwiniana per definire, per mezzo di algoritmi, modelli progettuali di maggior efficienza. Lo scopo dunque è quello di indagare le relazioni che l’architettura e il design possono instaurare con discipline diverse e in particolare con la biologia, ponendo l’accento sugli aspetti performativi anziché morfologici. Prendere cioè le distanze dalla pura speculazione formale, per indagare il senso, la necessità, le possibilità offerte dallo studio delle scienze della vita.
Un concetto chiave, per la ricerca di un nuovo modo di porsi dell’architettura rispetto al mondo naturale, viene appunto preso in prestito dalla biologia, ed è quello di “simbiosi”, dal greco Syn e bioun – vivere insieme – ovvero la convivenza di specie diverse allo scopo di reciproci benefici. Secondo la definizione data nel 2014 dalla Rete delle Città simbiotiche, un gruppo di progettisti, architetti, ingegneri e designer impegnati in questa direzione, la città simbiotica “ha relazioni reciprocamente vantaggiose con i suoi macro e micro ecosistemi. Produce servizi ecosistemici in misura uguale o superiore all’utilizzo netto di tali servizi. La transizione rigenerativa verso una città simbiotica richiede un’indagine dei fattori sociali, culturali ed economici che sono insiti in e subordinati nei nostri ecosistemi. Una città simbiotica massimizza la biodiversità, valorizza l’ambiente naturale, ottimizza l’attività economica sostenibile e migliora la qualità della vita.”
Come afferma l’economista Jeremy Rifkin, «Siamo alla fine di una delle grandi ere economiche dell’umanità, ma al contempo vediamo l’inizio di qualcos’altro». Egli parla di un rivoluzionario concetto d’architettura che diventa fonte di energia, e trova nella parcellizzazione energetica la risposta per uno sviluppo sostenibile. Tale trasformazione radicale passa attraverso il digitale e l’economia della condivisione. Una rivoluzione che coinvolge ogni campo, come dimostrano le ricerche qui raccolte.
On/Off Magazine Editorial Staff | nITro