Librino è bello! Io sono bello! Non è presunzione ma consapevolezza raggiunta dopo un percorso. Si tratta, usando le parole dello stesso Antonio Presti, della riaffermazione di un “diritto alla cittadinanza”, perché chi scrive, a Librino c’è cresciuto. In quel quartiere alla periferia di Catania nato alla fine degli anni ’70 su progetto dell’architetto giapponese Kenzo Tange. Il progetto è ambizioso, una “new town” moderna e all’avanguardia, ma viene disatteso e stravolto fin dall’inizio della sua costruzione. Diviene così per decenni l’emblema del fallimento delle politiche urbane delle grandi città, soprattutto del meridione. Un non luogo nato già periferia, dove ho avuto modo di sperimentare l’incomunicabilità e la difficoltà di relazioni sociali, in cui proiettarsi all’esterno fino a decidere di partire diventa una scelta quasi obbligata.
La percezione del quartiere, sia dall’interno che dall’esterno , è sempre stata quella di un enclave, una città “altra” a cui guardare con diffidenza. Grazie all’impegno, dal 1999 ad oggi, della Fondazione Antonio Presti – Fiumara d’Arte, Librino e i suoi abitanti possono dichiarare la propria bellezza, un’affermazione che ha il sapore di un coming out e il valore di un atto artistico, in qualche modo eversivo. Diverse iniziative si sono succedute in questi anni nell’ambito dell’ampio e complesso progetto “Terzocchio – Meridiani di Luce” che mira a trasformare il quartiere in un museo a cielo aperto, “da vivere”.

Il muro prima della realizzazione della Porta della Bellezza
– Picture courtesy of Archivio Fondazione Fiumara d’Arte
La “Porta della Bellezza”, un’opera monumentale costituita da tredici grandi bassorilievi in terracotta, composti da 9000 formelle, che si alternano ai versi di poeti, viene inaugurata nel maggio del 2009, ed è non solo il dono della fondazione alla città, ma il dono degli abitanti a se stessi; il suo valore maggiore è infatti quello di essere azione collettiva che ha visto lavorare insieme, per due anni, artisti nazionali, studenti dell’Accademia di Belle Arti e soprattutto gli alunni delle nove scuole e degli oratori di Librino. Il suo valore più alto è rappresentato dalla possibilità che i bambini hanno avuto di imparare il rispetto, prima verso se stessi e quindi verso il proprio territorio. Il risultato di questo percorso, che in questo contesto ha dello straordinario, va visto nell’esistere e resistere dell’opera dopo anni, rispettata e protetta dagli abitanti stessi, come simbolo di un nuovo ruolo etico dell’Arte come impegno civile ed etico che incide nella realtà sul piano sociale e antropologico.
Ad attraversare quella porta sono l’Arte, la Poesia, la Conoscenza sulle quali gli abitanti costruiscono la loro stessa coscienza civile, la consapevolezza di poter scegliere e “fare”, non più chiedere il proprio futuro. Ad accogliere pienamente le iniziative della Fondazione Fiumara d’Arte, non potevano che essere i bambini forti di una sensibilità innocente, non ancora vittime di quella “cultura del nulla” che finisce con l’inaridire l’anima degli adulti generando diffidenza. E lungo il percorso compiuto in questi anni da Antonio Presti a Librino, sospetti e diffidenze non sono mancati. Io stesso tornando a Catania sono stato testimone dei dubbi di alcuni abitanti sui motivi di questo impegno, su cosa potesse accomunare una personalità come quella di Antonio Presti all’anima di quel quartiere. La risposta che mi sono dato l’ho trovata nella sua stessa storia personale. Presti ha sperimentato sulla sua pelle, come Librino e forse la Sicilia intera, il senso del rifiuto, dell’abbandono soprattutto da parte delle istituzioni.
La storia della Fondazione, vale la pena ricordarlo, è una storia di battaglie, per l’esistenza prima e per la tutela poi del grande parco di sculture di Fiumara d’Arte nel territorio al confine tra Nebrodi e Madonie, nato nel 1986 dalla volontà di Antonio Presti, su terreni del demanio pubblico affinché pubblica ne rimanesse la proprietà. Il dono di un abitante alla propria terra ma proprio le amministrazioni che quel dono avrebbero dovuto accettare e preservare danno il via alla paradossale vicenda giudiziaria durata anni e che ha rischiato di portare all’abbattimento delle opere. Ma il paradosso si comprende se si pensa che la Cultura e la Conoscenza, in questa terra di contrasti e di poteri forti, possono rappresentare davvero la via alternativa verso il riscatto. E’ facile capire come l’Arte e la Bellezza possano diventare una minaccia per il sistema di potere dominante.
Ma il Parco di Fiumara d’Arte, l’Hotel Atelier sul mare, i progetti per Librino esistono e ci si offrono come presidi di civiltà, “Utopie fatte”, come le ha già definite Antonino Saggio sulle pagine di On&Off, come simboli di una identità contemporanea di cui andare fieri.
Davide Motta | nITro