VIAGGIANDO TRA LE ROVINE. /Imagine HELLAS AI

Nel giro di pochi anni, il campo dell’architettura sta subendo una rapida trasformazione mediante l’incorporazione di tecnologie digitali all’avanguardia, in particolare grazie all’integrazione dell’intelligenza artificiale (IA) in vari aspetti del design, della rappresentazione e della produzione. Esiste una persistente indagine su una gamma di strumenti “intelligenti”, che incorporano diverse lingue di IA, reti generative avversarie (GAN – generative adversarial network) e la capacità di conversione testo-immagine o immagine-immagine. Questi sforzi mirano a comprendere come l’intelligenza artificiale, nelle sue varie forme, possa essere efficacemente utilizzata per affrontare le complessità e le problematiche odierne in un’ottica non copiativa bensì generativa con il risultato di poter ad esempio immaginare e/o svelare il non esistente. Una definizione comunemente usata ma ormai obsoleta di intelligenza artificiale è quella che cerca di fare ciò che le menti umane possono fare (Boden 2016). Negli ultimi anni, abbiamo assistito a molti casi in cui l’intelligenza umana è stata superata da quella artificiale (i casi emblematici di Kasparov sconfitto da DeepBlue nel 2016 e Lee Sedol da AlphaGo nel 2016 ne sono un esempio) e, nonostante la mancanza di coscienza che ancora non è presente in nessuno dei molti strumenti di IA esistenti, le prospettive contemporanee ci suggeriscono che l’intelligenza, sia essa esibita da esseri umani o entità artificiali, esiste in uno stato di interdipendenza dinamica. Tutte le forme di intelligenza, sia organiche che meccanizzate, sono considerate componenti di un collettivo più ampio—un’intelligenza altra sovrastante che trascende i confini individuali (Voyatzaki 2016). Questi sviluppi sono strettamente legati all’evoluzione dei media e dei sistemi simbolici. L’imperativo attuale consiste nell’aumentare sia le nostre capacità cognitive individuali che quelle collettive attraverso la partecipazione attiva a diverse collaborazioni intellettuali. Questo impegno è fondamentale per la concezione, l’innovazione e la creazione di una nuova realtà umana all’interno del regno trasformato e reterritorializzato del cyberspazio e del milieu culturale impregnato di tecnologia caratteristico dell’era post-umana (Lévy 2016).

La vera questione riguardante inoltre questi processi risiede nella comprensione di quali tecniche nell’interazione uomo-macchina possiamo implementare per stimolare ancora di più la creatività e come possiamo stabilire circuiti di feedback tra esseri umani e macchine, consentendo lo sviluppo di nuovi flussi di lavoro e tecnologie che, a loro volta, ci ispirano e ci influenzano. Infatti, l’esplorazione di una sensibilità post-digitale in architettura implica l’indagine su come le applicazioni di intelligenza artificiale basate sul linguaggio naturale possano trascendere i confini tradizionali e, attraverso approcci teorici e pratici, approfondire i regni della creatività e dell’intelligenza all’interno di un’ecologia del design post-umano. Le somiglianze visive sono al centro di questo processo. Mario Carpo (2023) fa l’esempio della generazione di un cane tramite uno strumento di intelligenza artificiale: cosa fa un IA? In primo luogo, cerca somiglianze tra i miliardi di immagini presenti nel loro database fino a trovare ciò che le diverse immagini hanno in comune e, in effetti, cercano un archetipo di cane. Successivamente, comincia a generare decomponendo l’immagine dell’archetipo fino a quando non emerge qualcosa di nuovo, qualcosa che, comunque, dovrebbe già avere una traccia all’interno del database che l’intelligenza è addestrata a seguire. L’IA sta quindi “imitando” continuamente l’archetipo, che è sempre presente in ogni generazione. Anche se l’estetica del cane potrebbe cambiare, il riferimento iniziale è sempre lì a indicare alla parte “discriminatrice” se la generazione è corretta o meno. Questa integrazione della tecnologia AI comprende una vasta gamma di funzionalità, che vanno dalla generazione di rappresentazioni di design basate su immagini all’ottimizzazione delle soluzioni di progettazione tramite approcci basati su vettori. Sfruttando l’AI, la fase di ispirazione del design nelle prime fasi viene arricchita con una creatività potenziata, mentre l’efficienza del processo di progettazione complessivo è significativamente migliorata.

I modelli di diffusione (diffusion models), noti anche come modelli probabilistici di diffusione o modelli generativi basati sul punteggio, rappresentano una classe di modelli generativi tra i più diffusi nel campo del design architettonico. Questi modelli presentano applicazioni versatili che includono la riduzione del rumore nelle immagini, l’inpainting, la super-risoluzione e la generazione di immagini. Ad esempio, nel dominio della generazione di immagini, una rete neurale viene addestrata per eliminare il rumore gaussiano dalle immagini, apprendendo essenzialmente tecniche di rimozione di quest’ultimo. Dopo questa fase di addestramento, la rete neurale diventa competente nella generazione di immagini, avviando il processo utilizzando un’immagine rumorosa generata casualmente e successivamente denoizzandola.

Questi modelli trovano un’ampia utilizzazione nella generazione di diversi dati del mondo reale, in particolare nel dominio della generazione di immagini condizionate dal testo. Esempi prominenti di questa applicazione includono Midjourney, DALL-E e Stable Diffusion.

Processo di un modello diffusion tra dati e rumore gaussiano

A questo punto, considerando l’impatto sostanziale descritto sopra dell’AI – e il fatto che “l’AI è ovunque” (Del Campo, Leach 2022) in campi come l’ingegneria, le scienze sociali e le scienze politiche, diventa imperativo per l’architettura adottare un approccio critico nell’interpretare ed valutare le implicazioni di queste tecnologie trasformative all’interno del proprio ambito. Facendo ciò, l’architettura può navigare efficacemente e sfruttare i potenziali benefici affrontando contemporaneamente le sfide che possono derivare dall’integrazione dell’AI nelle sue pratiche. Non è un caso quindi che anche il SicilyLab negli ultimi anni si stia interrogando sulla possibilità di implementare queste nuove pratiche nel suo annuale lavoro a Gioiosa Marea. Navigare tra il visibile e l’invisibile, con la sfida di rendere tangibile il flusso di informazioni che ci circonda è sempre stato uno degli imperativi del gruppo nITro che, con l’affacciarsi sulla scena architettonica di questi strumenti, ha trovato nuove armi per affrontare le recenti sfide offerti dalla terra siciliana. Se come dice il nostro editoriale, la cresta di Gioiosa Guardia è un ‘condensato di informazione’ la missione di quest’anno è stata proprio quella di riuscire a catalizzare quell’informazione per renderla tangibile, per farla apparire nel regno del reale anche attraverso i nuovi strumenti che l’Information Technology ha messo a nostra disposizione.

L’insediamento greco siculo-ippodameno ancor non completamente scavato, e di cui in superficie affiorano alcune preesistenze che ci raccontano cosa sarebbe potuto essere al tempo, è stato alla base del lavoro che vedete in questo numero. A partire da una serie di rilevamenti aerei mediante drone e la consultazione di documentazione storica, un modello tridimensionale della cresta e dell’insediamento è stato generato in un software di modellazione tridimensionale. Il lavoro si è basato su una forte interpretazione volta non solo a ricostruire ciò che risulta oggi visibile ma anche ad immaginare quale potesse essere l’andamento originale del tessuto greco che nasce sul pendio fino ad innalzarsi nel paesaggio siciliano e che oggi rappresenta un punto di osservazione privilegiato che guarda il santuario di Tindari e le isole Eolie.

Il modello base generato in Rhinoceros a partire dai rilievi esistenti e dallo studio del team di modellazione nITro (Davide Motta & Michela Falcone)

Le viste generate dal modello sono state a questo punto processate attraverso uno dei tanti Diffusion Models reperibili online. La parte generativa è stata composta da due parti: da un lato, è stato affinato un prompt (un comando testuale) atto a descrivere le caratteristiche da dover implementare nelle immagini realizzate. Il testo ha compreso al suo interno una componente legata alle caratteristiche storiche del luogo, una atmosferica riguardante il paesaggio e l’intorno da dover generare, e una ulteriore legata all’architettura di matrice greca da dover rappresentare all’interno delle immagini generate. Per affinare ancora di più questa ultima componente, il modello AI è stato ‘allenato’ (trainato nel jargon di questi strumenti) con delle immagini e ricostruzioni della tipologia architettonica in questione per fare in modo che il più possibile se ne potessero tenere in considerazione la componente materica e formale. Quelle che vedete sotto sono solamente alcuni delle architetture generate e la scelta effettuata dopo circa 150 generazioni e 650 immagini prodotte.

L’obiettivo finale perseguito è stato quello di immaginare, e forse anche di sognare, quale potesse essere il vero volto di Gioiosa Guardia ai tempi della presenza greca sui suoi crinali, e di poter suggerire oggi alle persone ai visitatori quale potesse essere l’atmosfera che si poteva all’epoca respirare passeggiando lungo la guardia di Gioiosa. L’intelligenza artificiale è stato lo strumento principe che in questo caso ci ha consentito di rappresentare l’invisibile e, come architetti, di comprendere come i nostri processi cognitivi spesso coinvolgano modalità creative caratterizzate dall’interpolazione e dalla combinazione e di come, grazie ad un sistema non-umano in grado di apprendere, la connessione tra l’umano e la macchina possa essere un precursore di nuove direzioni per il nostro operare.

di Valerio Perna | nITro

Bibliografia

Boden, M. (2016). AI: Its Nature and Future (p. 1). Oxford University Press

Carpo, M. (2023) Imitation Games. Mario Carpo on the Humanism. Artforum 6 (10)

Lévy, P. (2006). Collective Intelligence, A Civilisation: Towards a Method of Positive Interpretation. International Journal of Politics, Culture, and Society, 18(3/4), e New Sociological Imagination (Spring – Summer, 2005), 189-

Vogiatzaki, M. (2016) Intelligence. archiDOCT, 6(1), 6-13198.

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